Ieri il Giornale di Brescia ha dedicato ben due pagine alla mozione votata in sessione straordinaria dal consiglio comunale di Verona, cogliendo l’occasione per un report sulla situazione bresciana. L’aver taciuto la finalità dell’operazione (dirottare risorse pubbliche), aver sorvolato su chi l’ha condotta (il condottiero leghista sull’omofobia) e qualche dato decontestualizzato (i numeri sulla RU), mi hanno spinta a scrivere ieri una lunga lettera al Direttore.
Scusatemi l’eccesso di passione. Read More
Posts tagged figli
Royal freak
La mia seconda gravidanza l’ho passata quasi interamente in ospedale. Stavo nel reparto delle mamme a rischio e, rispetto alle mie compagne, ero una di quelle che stava meglio. Ho visto cose, in sei mesi, che nessuna donna dovrebbe sapere prima o mentre decide di avere un figlio. E nonostante questo, continuo a trovarci una sorta di misterioso fascino e anche di affascinante e innegabile gioia quando una donna decide consapevolmente di affrontare l’esperienza della maternità.
Gli svedesi hanno un detto: i bambini sono come le puzze, a ciascuno piacciono solo le sue. A me i bambini piacciono; ma gli svedesi ci vedono giusto. E nonostante sia solidale con le altre mamme e generalmente affettuosa coi bambini altrui, i miei mi bastano e mi avanzano.
Con questa premessa, ora dovrei scrivere che il delirio sui bambini reali mi lascia indifferente. Invece no. Queste settimane le sto vivendo molto male. So che la principessa inglese sta bene, quindi di certo non ha avuto quello che ho avuto io; né tanto meno qualcosa di orribile come quello che vedevo accadere intorno a me. So anche che ha atteso le doglie nel suo comodo letto e non in uno stanzone da sei, dove la privacy per le visite, anche d’urgenza, era una tenda oltre la quale ogni tanto sentivamo le ostetriche urlare “signora, mi sente? riesce a sentirmi? oddio, questa non si risveglia”. So che ha avuto il meglio e sono contenta per lei, che può permetterselo. Noi, della prima ginecologia, avevamo personale attento e sempre operoso, che si divideva per stare dietro a tutte noi, che quando partivamo per la sala parto non sapevamo mai se saremmo tornate, in quale stato e in quanti vivi.
La vicenda del royal baby e dell’asilo globale dei bambini reali mi turba per ben altre questioni. La prima è che la mia casella mail è infestata di comunicati stampa come questi:
A Lecce giovedì 25 luglio alle ore 18 in onore del Royal Baby saranno piantati un ulivo, una vite ed un leccio. Con “Thank_UK” gli studenti del “Galilei – Costa” e la Provincia di Lecce ringraziano il popolo britannico per il crescente interesse nel Salento e invitano tutti a partecipare.
Ora. Capisco tutto, ma una scuola deve invitare tutta una città per un atto simbolico dedicato alla nascita dell’ennesimo bambino ricco e potente in un castello di rappresentanza? Non c’è nient’altro di meglio da celebrare, magari da ricordare insieme ai ragazzi, alle famiglie e alla città?
E questo tipo di comunicati non riesco nemmeno a paragonarli ad altri, che letteralmente mi bombardano da settimane. E che sono quelle dei siti di scommesse. Ve ne allego uno, tanto per farvi capire di cosa parlo: Read More
ciò che non so dire
io questo faccio nella vita: comunico.
lo faccio come lavoro da più di quindici anni.
ma per istinto, per indole, per necessità vitale lo faccio da che ho memoria.
comunico con tutto quello che posso. il mezzo è il linguaggio. lo strumento immediato e istintivo, la voce. quello più razionale e meditato, la parola scritta.
io scrivo, scrivo, scrivo sempre, comunque, dovunque.
se fossi un uomo, forse scriverei anche sulla sabbia. o sulle pareti.
in questi anni ho scritto di tutto, in ogni modo, per chiunque.
ho scritto per gli editori e per gli scrittori, per gli attori e per il loro pubblico, per i preti e per gli sposi. i biglietti d’auguri della mia famiglia li scrivo tutti io, tranne quelli che arrivano a me. ho scritto per far conoscere qualcosa o qualcuno e anche per nasconderlo. ho scritto per raccontare una storia; o perché la storia, così com’era accaduta, venisse dimenticata. ho scritto cose belle che hanno fatto del bene e mi hanno fatto diventare una persona migliore. ho scritto cose che ho dimenticato di aver scritto per non rischiare di invischiarmi troppo con il loro contenuto.
ho scritto perché dovevo e, fortunatamente, quasi sempre l’ho fatto volentieri, a volte addirittura con entusiasmo. di tutto ciò che ho scritto, conservo emozioni e ricordi piacevoli.
perché le parole scritte sono nate da comunicazioni che sono prima avvenute con i linguaggi della vita, quella d’istinto, quotidiana, dei piccoli momenti che diventano grandi nell’intimità della memoria e del ricordo ad anni di distanza.
io comunico perché sono viva. e sono viva solo se riesco a comunicare.
ascolto, parlo, racconto, sento, condivido, raccolgo e medito.
solo così ho il senso di esistere.
ma ci sono momenti in cui le parole non escono e mi rendo conto che ci sono cose che non so dire e che non riesco nemmeno a scrivere. e che c’è una parte di vita che mi sfugge. o che non riesco ad affrontare.
come quando mia figlia vede scorrere nell’indifferenza del flusso televisivo le immagini delle carestie in Somalia e in Corno d’Africa. e di fronte a quel fiume di sofferenza e di parole che per lei non hanno alcun significato vivo, ma che raccontano di morte vera, vicina, senza senso, mi chiede:
«mamma, i bimbi hanno fame. anche loro pappa. no? perché no?»