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Ma che amore!

L’amore è un sentimento intenso e profondo di affetto, simpatia e adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto o verso un concetto, un ideale. Oppure può venire definito, sotto un altro punto di vista (scientifico), un impulso dei nostri sensi che ci spinge verso una determinata persona.

inizia così.
e io non l’avevo mai letta la voce “amore” su wikipedia.
se siete curiosi, la trovate qui.
una pagina triste, mesta, banale, in cui l’unico guizzo di interesse lo si intuisce dalle voci correlate. ma tant’è. per fortuna, nel mondo reale e perfino in quello virtuale. si ama molto meglio di così.

L’orrore normale

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Sto conducendo in questi giorni un’inchiesta sugli uomini violenti che finiscono per trasformarsi in carcerieri, torturatori e addirittura assassini. Il pretesto è un caso VIP: quello di Pistorius, atleta di fama mondiale, uomo di grande ambizione e determinazione in grado di abbattere la barriera che separa sportivamente i sani dai mutilati, ma che nel privato era noto per essere un compagno violento e irascibile.
Nel condurre ricerche sul femminicidio, come al solito, mi sono imbattuta nel dipanarsi graduale della violenza. Il femminicidio è l’ultimo atto, quello in cui la protagonista muore. Ma prima c’è la sua lunga e dolorosa storia.
Io che per mestiere nella mia vita comunico, quando affronto questo tema mi sento in dovere ogni volta di richiamare quella che reputo la verità più dolorosa ma utile: la violenza è quotidiana e spesso invisibile, nascosta dalla banalità e dall’ordinarietà, da un aspetto mite, dall’ammonimento costante a non insinuare il dito o il dubbio sulle altrui relazioni.

Esiste un sito che si chiama In quanto donna.
Lo cura una donna, Emanuela Valente, che ha iniziato negli anni a raccogliere i nomi e i volti di chi ha ucciso (uomini) e di chi è stata uccisa (donne, spesso anche figlie).
Scorrendo i ritratti degli assassini la cosa più sconcertante è la loro normalità.
Sotto a facce che sono quelle di un padre, di un panettiere, di un postino, di un dottore ci sono didascalie raccapriccianti:
– Luigi Faccetti, 24 anni. Massacra con 14 coltellate la fidanzata, che si salva, e viene condannato a 8 anni. Dopo 10 mesi gli vengono concessi i domiciliari, fa sequestrare l’ex fidanzata e la uccide con 66 o 80 coltellate, di cui 20 al cuore. Condannato a 30 anni con rito abbreviato, pena confermata in appello il 31 gennaio 2013.
– Ruggero Jucker detto Poppy, 36 anni, rampollo della Milano bene, Re della zuppa. Fa a pezzi la fidanzata con un coltello da sushi e lancia i pezzi in giardino. Condannato a 30 anni in primo grado, pena patteggiata in appello e scesa a 16 poi ulteriormente ridotta a 13. Ha già usufruito di 720 giorni di libertà come permessi premio e avrebbe dovuto essere libero da giugno 2013, ma la scarcerazione è stata anticipata per buona condotta (13 febbraio 2013).
– Maurizio Iori, 49 anni, primario oculista. Accusato di aver avvelenato l’amante e la figlioletta di due anni, condannato all’ergastolo e 2 anni di isolamento diurno (Sentenza 18 gennaio 2013).
– Antonio Giannandrea, 18 anni, studente. Picchia, soffoca e sgozza la fidanzata con un coltello da cucina. Poi getta il corpo in un burrone e tenta di depistare le indagini. Chiesti 16 anni con rito abbreviato.


Dentro questo sito ci sono anche loro:
– Desiree Piovanelli, 14 anni, studentessa. Accoltellata e morta dissanguata dopo un’ora e mezzo di agonia, con i piedi legati con un nastro da pacchi, dal cosiddetto “branco di Leno”: 4 amici di infanzia, di cui solo uno maggiorenne.
– Patrizia Maccarini, 43 anni, operaia. Uccisa con una coltellata al cuore dall’ex fidanzato.
– Hina Saleem, 20 anni, lavorava in una pizzeria. Sgozzata e seppellita nell’orto dal padre, due cognati e uno zio.
– Francesca Alleruzzo, 44 anni, mamma di 4 figlie, maestra. Uccisa a fucilate dall’ex che ha ucciso anche il nuovo compagno di lei, Vito Macadino, e si è poi recato in casa dove ha ucciso una delle figlie, Chiara, 19 anni e il suo ragazzo Domenico Tortorici.
– Monia Del Pero, 19 anni. Strangolata, denudata, messa in un sacco della spazzatura e nascosta in una conduttura delle acque dall’ex fidanzato.
– Moira Squaratti, 26 anni, assistente in uno studio dentistico e volontaria Avis. Picchiata, strangolata e uccisa con 15 coltellate dal fidanzato.

Ieri in piazza abbiamo ballato anche per loro. Scacciando, con la gioia della danza, la terribile sensazione che l’anno che sta arrivando non sarà migliore di quello passato.
Ancora per troppe donne come noi.

Cansa de ser sexy

Abbiamo creato un mostro!
Personalmente, ne ho sentito parlare al bar dell’ospedale. Se ne discuteva tra baristi, OST, chirurghi, professori emeriti e pazienti. Un’amico mi ha inviato un sms dal gate d’imbarco a Malpensa: anche lì se ne parlava tra passeggeri, guardie e hostess. A uno stuart disinteressato è stato dato del gay. Altre segnalazioni mi sono arrivate da uffici postali, esercizi pubblici, stanze del potere, persino da un consiglio comunale.

Quando se ne parla, sono chiamate in causa tutte le passioni deviate dell’uomo: l’invidia, la gelosia, la lussuria, il peccato, il tradimento, il senso del possesso, l’avidità.
Come la protagonista di una fiction ispirata a una trama shakespeariana, Laura Maggi ha invaso le nostre vite risvegliando passioni e assommando in sé la vecchia parabola della tentatrice, colei che coglie la mela e rende l’uomo vulnerabile e le altre donne rosicone.

Quando la redazione del Corriere della Sera mi ha chiesto di fare un commento alla linea gestionale del bar di Bagnolo, avevo in mente un mio piccolissimo omaggio allo stile di Aldo Grasso. Volevo portare il dibattito a un livello di analisi comparativa: la barista che si spoglia per aumentare il cassetto come le vallette di Sanremo nude per alzare lo share.
Con il senno di poi, mi rendo conto di essere stata troppo buona.

La questione è molto semplice: un pubblico esercizio deve sottostare alle normative che lo regolano. Il che significa che servire il caffè a capezzoli scoperti o girare con micro gonne senza mutande rientra appieno nel reato di atti osceni in luogo pubblico. Potete trovarne traccia nell’art. 527 e seguenti, ossia:
527: atti osceni
528: pubblicazioni e spettacoli osceni
529: atti e oggetti osceni -nozione.

L’art. 527 del codice penale italiano prevede che

chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Se la persona è handicappata, l’art. 36, comma 1 della legge 104/1992 inasprisce la pena di un terzo. Se invece “il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantuno euro a trecentonove euro” come previsto dal secondo comma.
Perché si parli di reato, l’atto deve:
– essere osceno,
– essere commesso in un luogo pubblico, al quale cioè chiunque può accedere senza limitazioni di sorta e/o in un luogo aperto al pubblico e/o in un luogo esposto al pubblico.
Direi che siamo tutti d’accordo sul fatto che un bar-tabacchi rientra perfettamente in questa categoria.

A questo punto, il dibattito si sposta. E la questione diventa precisamente questa: se Laura Maggi è bella, può essere accusata di atti osceni in luogo pubblico?
La legge non prevede distinzioni tra belli e brutti; dunque la risposta è sì.

Laura Maggi mentre si asciuga le mani con discrezione

 

Laura Maggi mentre prepara i caffè

L’obiezione più diffusa (e utilizzata dalla stessa Maggi) è che il movente delle polemiche sulla gestione del suo esercizio sia l’invidia e la gelosia. Possiamo considerarla un’attenuante?
La legge presuppone che individui adulti nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali possano gestire le emozioni che normalmente animano la loro vita, comprese dunque la gelosia e l’invidia. Anche in questo caso, dunque, nessuna attenuante.

Laura Maggi mentre si fa un’analisi di coscienza

 

Laura Maggi mentre espone la regolare licenza

 

Si apre dunque un dibattito sulla pagina di Facebook in cui gli “Amici di Maggi Laura” pubblicano -tra le varie foto- la pagina del Corriere con l’articolo che la riguarda. Seleziono, per ovvi motivi di spazio (e altrettanti di estrema noia) i più significativi. Ossia:

Maurizio Botta – Il problema non è suo è delle consorti bigotte.
Stefano Gremo Fois – L’invidia brutta bestia fregatene l’importante è la felicità
Pietro Rossini – Che tristezza l’invidia.
Daniele Tesconi – Certo che se le moglie la daressero di piu e in modo diverso i mariti non andrebbero a cercare al trove dico bene?
Mauro Bonometti – Le mogli dopo che si sposano son sempre in tuta felpa papucce e con i mutandoni poi si lamentano se il marito va da quelle messe giuste
Stefano Lancini – Brava laura sei bellissima… sono solo gelose perchè sei più sexy di loro…
Luciano Zucca – Se mogli/fidanzate/amiche/parenti si dimostrassero più “gentili”, “carine” e “socevoli” con i loro congiunti non avrebbero nulla da temere da Laura!
Arianna Piazzetti – Tanto scalpore per cosa! Donne, ma voi che giudicate lei per il suo modo un po…stravagante… non vi vergognate alla festa della donna che andate a vedere gli spogliarelli e non commento gli sguardi di quando lo vedete…
Giordano Zaglio – Laura non fa del male a nessuno anzi dovrebbero ringraziarla che quando i mariti /fidanzati rientrano scaricano le loro attenzioni sulle proprie compagne.
Marco Gritti – Ma non anno un cazzo da fare le mogli a parte rompere le balle per un bar che lavora ..solo gelosia perche non possono permetterselo un kiss su quella linguetta

Dagli elegantissimi commenti, emerge chiaramente il tema dell’imitazione di modelli televisivi comunemente accettati e dunque, idealmente, replicabili nella vita di ogni giorno come espressione di libertà individuale e addirittura di coraggio. Non solo: ritorna il tema dell’invidia, soprattutto femminile, per un esemplare di bellezza e sensualità disinibita.
E infine, prende il sopravvento la maledizione di Eva: quando si tratta di sessualità, un uomo è innocente a priori.
La sua bestiale eccitazione deve essere vissuta da una donna come un premio, accolta come una benedizione, coltivata come missione primaria intorno a cui far ruotare la propria vita. Su questo principio, la femmina più volte posseduta diventa ipso facto poco attraente, noiosa; e dunque si ha il pieno diritto di rigettarla. E di nuovo sono le donne non solo a dover operare un mea-culpa per la mancata erotizzazione costante del proprio maschio, ma addirittura a ringraziare la barista Maggi per essere riuscita ad accendere il suo meccanico e più basso istinto spermatico.

E questo è il punto in cui sta la vera differenza.
Perché sul fatto che la legge debba intervenire e imporre all’esercizio pubblico di Bagnolo una condotta consona alle leggi dello stato in cui opera è un dato di fatto. Laura Maggi e le sue amiche sono libere di continuare la propria attività nei modi che preferiscono entro i limiti di legge. Il che significa che un pubblico esercizio in cui coesistano caffè e capezzoli potrà continuare ad esercitare solo se la giunta approverà nelle prossime settimane il nudismo come pratica accolta e accettata in Bagnolo.
Resta invece una distanza insormontabile tra questa barista e la sensualità. E direi che è ben rappresentato dal video realizzato da Studio Aperto e che potete trovare qui.

Galeotto fu il tampax

Al minuto 00:38, Laura si esibisce in una camminata ancheggiante per far capire allo spettatore tutta la sua carica erotica.
Il cameraman, allenato alla scuola Mediaset, la riprende da terra, con una prospettiva da sotto la gonna.
Per qualche secondo, dallo slip di Laura osserviamo il filo del tampax che scende e sventola.
Direi che in questo filmato è racchiuso il senso dell’erotismo incarnato da Laura Maggi. Che, non so a voi, ma a me fa lo stesso effetto del super porno show di fantozziana memoria.

Il caso di Bagnolo apre una ferita dolorosa, quella di un mondo in cui una sessualizzazione selvaggia, promossa dai media corporativi (tutti, indistintamente) e accettata da ogni componente della società (tutti, nessuno escluso) ha portato uomini e donne a sentirsi parte di una sorta di guerra erotica, in cui il sesso è un’arma, la sensualità una prova di forza, lo scambio sessuale una transazione e in cui sia necessario essere il più forte.
Mi dispiace per gli amici di Maggi Laura: io resto dell’opinione che la seduzione e l’eros stiano da un’altra parte.
Che forse sarà così nascosta da dubitare ogni tanto perfino che esista, come il punto G. Ma che di certo non si trova tra il filo dell’assorbente e un tanga troppo sottile per contenerlo.

l’orrore di una medicina che non cura

Ho letto su INternazionale un articolo vergognoso.
Così, ho scritto al suo direttore. Vi dirò se otterrò risposta.

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Gentile Direttore,

da fedele abbonata, da attenta lettrice, da persona adulta, da madre, da donna e da cittadina le scrivo.
Con orrore crescente ho letto l’articolo contenuto nello scorso numero 924 firmato da Michael Specter e titolato “Resistenti al vaccino”.
Affermazioni come

diversi studi dimostrano che i vaccini contro il morbillo sono sicuri e non hanno nessun rapporto con l’autismo

mi turbano profondamente, soprattutto se presentati senza un contradditorio, senza una fonte di riferimento (dato che i dati della Food& Drug Adm. dimostrano esattamente il contrario) e gettati a fondamenta di una tesi più simile a una chiacchiera da bar che a una ricerca accurata. Su che criterio avete selezionato la fonte? Forse che il New Yorker vi sia stato sufficiente?

Gentile Direttore, a un leghista che le cita l’aggettivo “padano” nel marchio del Grana come fondamento socio-culturale dell’esistenza della Padania, cosa risponde?
Come le è dunque possibile con leggerezza permettere la pubblicazione di un articolo che accusa chi sceglie di non vaccinarsi un pericolo per la società, una mina vagante, un pessimo cittadino?
Ci sono stati anni in cui denunciare un vicino di casa di differente religione o colpevole di amare persone del suo stesso sesso era atto di patriottismo. O anche: è solo recente conquista il riconoscimento che la violenza sulla propria compagna sia una violenza alla persona, come tale perseguibile e non, com’è stato da sempre, una sorta di diritto naturale del maschio sulla donna di sua proprietà.
Negare i numeri delle vittime delle vaccinazioni di legge è negare la nostra storia civile, di cittadini e di utenti di una sanità (nazionale e mondiale) controllata -come tanti altri settori- da interessi economici prima che dalla tutela della salute pubblica. Affermare altresì che un virus dichiarato pandemico

potrebbe dissolversi, come pare sia avvenuto all’H1N1

poi, significa non curarsi di un macchina del terrore sanitario globale che include inutili quanto redditizie iperproduzioni farmaceutiche, razzismo alimentare e compattamento politico nazionale.

Gentile Direttore, mi piacerebbe presentarle mia nipote, una bimba adorabile, diventata autistica dopo una febbre da post-vaccinazione ordinaria anti-morbillo che le ha dato terribili effetti collaterali. O vorrei che fosse stato al mio fianco di fronte al mio pediatra, formatosi ai corsi di aggiornamento finanziati dalla grandi farmaceutiche, convinto sostenitore dei benefici del vaccino.
La ragione addotta più frequentemente alla sicurezza dei vaccini è che non hanno sintomi. Ma mi dica, gentile Direttore, quanto definerebbe sicuro un qualunque farmaco che le provocasse una reazione con febbre oltre i 40°?
Provi a segnalarlo al suo dottore. E provi a sentirsi dire che “è una reazione normale”, gentile Direttore, e che è lei ad avere qualcosa che non va.
Provi a recarsi all’ASL e chiedere vaccini singoli, non depotenziati al mercurio, a rifiutare l’esavalente e a chiedere di esercitare il proprio diritto -in qualità di cittadino italiano- al dissenso informato. La prego, gentile Direttore, provi.
Io l’ho fatto.
E le dico che non è facile. Che i luoghi comuni, come quelli propagandati da questo articolo superficiale e fazioso, sono così lenti da sradicare che occorre l’impegno in prima linea di tutti noi. E che di certo non aiuta nessuno un articolo fondato sul paragone tra croste secche di vacca vaiolosa e moderni ritrovati scientifici contro ogni tipo di virus; che esiste, che verrà e che, in ogni caso, sarà pubblicizzato a dovere per garantire un buon ritorno d’immagine e un profitto a molti, moltissimi zeri.
Il dissenso informato è una conquista di tutti i cittadini italiani, gentile Direttore, e non solo delle regioni da voi citate.
Ma il dissenso informato prevede che esista un’informazione approfondita sui rischi di ogni trattamento, anche se in altre epoche e su altri morbi ormai eradicati ha ottenuto validi risultati su larga scala.

Gentile Direttore, vorrei che lei tenesse impegno all’elevata qualità da sempre perseguita dal suo periodico, offrendo nei numeri a venire un approfondimento al discorso delle vaccinazioni, con cifre e indagini attendibili, in un contradditorio tra sostenitori e critici.
Lo deve ai suoi lettori e lo deve a me, madre di due figli con una rara malattia genetica per cui ogni stato febbrile diventa un pericolo dalle conseguenze imprevedibili.
Ha mai provato, gentile Direttore, a sentirsi definire “un pessimo padre” perché si rifiuta di sacrificare i suoi figli nel roveto ardente dei loghi comuni?

Con rispettoso affetto.