Posts by nadiolinda

plutocrazie (1)

in attesa di iscrivermi a twitter, visto che ormai sono un’arterisclerotica dispersa nella rete e faccio microblogging per evitare di diventare inevitabilemente tediosa, inauguro anche questa rubrica dedicata alla mia ossessione di questo periodo:
la
plutocrazia.
se non sapete cos’è, sappiatelo.
io mi rifiuto di linkarvi a wikipedia.
…lo so lo so: sono pure stronza, oltre che arterisclerotica.
ma vi ho avvertito da mo’.



dunque, oggi inauguro lo spazio dedicandolo alla stampa gerontofila che, per merito di qualche ufficio stampa, si accanisce a ondate sui cosiddetti fenomeni del web.
che sono fenomeni per loro, che quando vedono un computer portatile chiedono se ne esistano senza coperchio.
che quando parlano di web dicono cose come :
‘si, ho visto il sito’
oppure i più avanzati:
‘guarda, io visito il mio profilo una volta ogni sei mesi e non so davvero cosa farci’.

…e ci credo!
in effetti, anch’io leggo un giornale intero una volta ogni sei mesi e ho alcune sgradevoli sensazioni:

. di leggere il pigro copia-incolla di alcune cartelle-stampa madri che, a un rapido raffronto tra le testate, saprei ricostruire intuitivamente [ grazie, inutilissimo esame di filologia in università cattolica! ]
. di non aver saputo nulla di nuovo né di interessante. [odio leggere qualcosa e rimanere indifferente!]
. di non saper bene cosa farmene: ormai mi sono abituata a una carta igienica molto più morbida.

consigli per gli acquisti natalizi (1)

recentemente, un amico mi ha definito …stimolante.
io mi sono immediatamente ribattezzata: personal mind vibrator.
così, in clima natalizio, inauguro l’angolo dei consigli per natale.
ecco il primo.
nell’epoca dei tradimenti digitali e dei flirt virtuali, niente di meglio di una cintura di castità come questa…


how to keep your virginity kit

qualche tempo fa, ho segnalato sul blog il kit per perdere la verginità.
grande successo della cosa, vendite alle stelle, io non becco un cazzo di niente (anche fuor di metafora) come al solito.
e allora stamattina, che mi giro storta, mi viene in mente che potrei fare il kit per tenersi stretta la verginità.
accetto compagni d’impresa.
di questi tempi e con l’aria di censura che tira (ogni scelta di termini non è casuale) credo sia già un successo preannunciato.




ecco cosa contiene il kit:
– il purity ring, da portare rigorosamente al posto della fede nuziale come fanno i Jonas Brothers (una boyband americana di ragazzini vergini cristiani. così dice l’ufficio stampa);
– il manuale con tutte le cose negative del sesso, dai piccoli problemi che può causare alle grandi menate della mattina dopo;
– le carte con tutti i mostri e le creature che si risvegliano se ti tocchi;
– il breviario con tutti i santi e gli angioletti che piangono se ti tocchi;
– la cintura di castità in puro acciaio inossidabile con una sola copia delle chiavi;
– per lei: un preservativo coi denti, che stacchi qualunque appendice cerchi di avvicinarsi al tuo interno coscia;
– per lui: una dentiera tipo dracula da applicarsi nelle mutande per scongiurare qualsiasi accenno di erezione;
– per chi ha un concetto molto molto molto circoscritto della purezza, una pomata antiherpes (questa è difficile da capire, ma chi ha frequentato i campi scout o le GMG lo sa bene);
– un gessetto per segnare sul muro i giorni in cui non fai sesso, con tanto di raccolta punti. che funziona così: tu compri il kit e ti iscrivi on line al concorso. dal giorno in cui inizi, ogni nnn tacche sul muro, guadagni un punto. ogni x punti, guadagni un grado. e per ogni grado, c’è un bel riconoscimento morale: morigerato, virtuoso, putto onorato, in odore di santità, morto vergine.

vodafone e esselunga stanno valutando se convertire i vari gradi in un bonus di punti banana o prugna che possono valere per l’acquisto di un telefono che telefona male ma vibra un sacco.

noccioline

è qualche giorno che voglio scrivere questo post, che mi gira in testa.
ma poi ero stanca con la testa, ho dromito poco, ho rivisto il video di un’intervista in cui sembro un troll vestito alle bancarelle degli abiti usati anni 80, oggi nevicava cattivo, mica quella bella neve soffice che ti fa venir voglia di natale ma quella bastarda che ti gela la punta delle dita e le ginocchia.
e poi ero inibita perché qualche giorno fa mi ha chiamato un amico che mi ha fatto un appunto: scrivi troppo triste e serio, ultimamente. torniamo a parlare di cazzi, please.
si, ha ragione.
oggi però non parlo di cazzi, non mi va, non vogliatemene.
il fatto è che martedì sono stata a vedere a teatro la messa in scena di un testo di Paravidino che mi incuriosiva assai. il titolo è PEANUTS e, per sapere esattamente cos’è e di cosa tratta, vi rimando al sito del suo autore nonché alla bella recensione su drammaturgia.it.
questo testo è interessante per due motivi.
il primo perché chi è stato a Genova certe cose non se le dimentica.
il secondo, più tecnico, perché il meccanismo comico straniante di schultz viene rielaborato prima associandolo a temi contemporanei sulla globalità e poi spostando il tutto in una dimensione surreale di violenza fisica e psicologica.
ma non è di questo che voglio parlare in questo post.
voglio parlare della plutocrazia.
da martedì che sono uscita da teatro che ci penso: era uno dei titoli delle vignette sul palco.
martedì mi è venuto in mente che non sapevo cosa voleva dire. nella mia beata ignoranza, ho pensato subito a Walt Disney, che mi ha rovinato l’infanzia. in effetti, Pluto è un personaggio piuttosto inutile, però c’è sempre; e io mi sono sempre domandata perché. allora ho avuto un’illuminazione: un topo non può essere il padrone di un cane. e pluto non può essere fiiscamente davvero più piccolo di topolino. allora, secondo me, topolino gli fa da prestanome e pluto lo ricatta in qualche modo. e la scena del cane e del padrone topo è solo una finta per coprire la cosa.

quando ho verificato il significato di plutocrazia, mi sono sentita una rapa. e allora mi serviva subito un capro espiatorio su cui rovesciare il mio nervoso e preservare la mia autostima.
ho pensato a chi mi ha rovinato più di Walt Disney.
MTV, ecco chi.
e mentre prendevo coscienza della cosa e mi arrabbiavo di conseguenza, mi appariva un nuovo meraviglioso programma che si chiama EXILE, o qualcosa del genere. in pratica, le figlie dei ricchissimi americani viziate che spendono minimo centocinquantamiladollari per la loro festa dei 16 anni [ref. My sweet sexteen] vengono spedite dai genitori a imparare a vivere in qualche posto del mondo dove regna la miseria. nella puntata di oggi, una biondina veniva mandata in india e, alla fine, era orgogliosa di aver cucinato alla famiglia che la ospitava e che moriva di fame il primo vero pasto americano.
ecco.
la plutocrazia è anche questo: ha a che fare con la stupidità di una ragazzina viziata che, sponsorizzata da MTV, indossa la maglia di topolino in un villaggio del nord dell’india e piange senza avere pena di se stessa.

post femminista

Ecco cosa succede: nelle nostre piazze si manifesta in queste settimane per il diritto allo studio come valore imprescindibile di una società moderna e democratica.

untouchable

A Kabul, da settimane, ragazze del liceo vengono sfregiate con l’acido da militanti islamici. La loro colpa non è così grave come si potrebbe pensare: portano il velo e rispettano la legge. Però vogliono studiare e questa, a quanto pare, è diventata la nuova trasgressione da punire, nelle donne. La più grave delle ultime ragazze sfregiate si chiama Shamsia, ha 17 anni e rischia di restare cieca perché l’acido l’è finito negli occhi. Nonostante questo, ha dichiarato, ancora sul letto d’ospedale: ‘Continuerò ad andare a scuola, anche se rischio che mi uccidano. Ecco il mio messaggio ai nostri nemici. Anche se lo rifaranno cento volte, io continuerò a studiare’.

pregnant

In questi giorni, l’elezione del primo presidente nero negli USA ha risollevato un vento di speranza che io spero di trasformi in un uragano transoceanico e che riesca a travolgere il mondo con dei cambiamenti reali. E se devo essere sincera, continuo a sperare perché, in effetti, avrei voluto che alla Casa Bianca salisse una donna. Parafrasando M.L.King, io ho un sogno: che le figlie di ogni donna, un giorno, vivranno in un mondo in cui non saranno considerate pregiudizialmente in quanto femmine, ma valutate per l’essenza della loro personalità e giudicate secondo un’etica umana davvero universale.

posta del cuore (1)

come vi avevo promesso, comincia la publicazione (sporadica e del tutto casuale) di qualche puntata della mia POSTA DEL CUORE in edicola ogni venerdì con BresciaWeek – all.BresciaOggi.

se volete scrivermi: postadelcuore@bresciaoggi.it
non si accettano mail anonime.
ma ogni riferimento a persone reali verrà cancellato.


IL METODO ANTI-STRONZI

BresciaWeek – 7.11.2008

Cara Nadiolinda,
ti scrivo perché so che di uomini ‘stronzi’ te ne intendi. A volte non capisco cosa scatta nella testa di una persona. Ho appena passato un’oretta a parlare con una mia cara amica che è stata mollata di punto in bianco dal ragazzo. E quando dico ‘di punto in bianco’ è proprio così: il giorno prima era tutto ‘amore mio sei l’aria che respiro’ e da più di una settimana si è reso completamente irreperibile. L’unica giustificazione che ha dato alla mia amica è stata: ‘ho una profonda crisi esistenziale, non voglio che tu soffra quindi ti allontano’. Guarda, mi risparmio i commenti che ho in testa perché questo è un quotidiano che leggono persone educate. Ma tutte le maledizioni che gli ho tirato spero sortiscano l’effetto desiderato.
(Roberto, 36 anni, mail firmata)


Quando avevo 19 anni, mi sono innamorata di un ragazzo di 25. Siamo usciti insieme un paio di mesi, poi lui mi ha detto che non avrei mai potuto essere la sua fidanzata perché mi piaceva fare le gare di rutti con la coca-cola. E anche se lo portavo a teatro ed ero simpatica ai suoi amici ed ero carina ma con la testa, gara di rutti batteva implacabilmente savoir-fair 1 a 0. Dopo avermi detto questo e dopo averne discusso, abbiamo continuato la storia. Inebetita dalla mia cotta, pensavo che i rutti fossero dimenticati. Un venerdì mi ha detto che si era innamorato di me e che un po’ aveva paura di questa cosa. E’ stato un momento bellissimo: ho vinto, pensavo, perché quello che sono, nel bene e nel male, è stato accettato anche da quella sua testa dura, piena di preconcetti su quello che una donna dovrebbe o non dovrebbe essere. Tempo 24ore e il sabato ha cambiato cellulare, ha chiuso la macchina in garage, ha staccato il telefono di casa ed è sparito dopo un banalissimo ‘ti richiamo io’. Sicuramente è stato uno stronzo. Lo confesso: quando ho aperto il mio profilo su Facebook, è la prima persona che sono andata a cercare.
Perché il masochismo di farsi rifiutare una seconda volta era un impulso irresistibile.
Per fortuna, lui su Facebook non c’è, io non so più che fine abbia fatto e mi tocca rassegnarmi all’idea che mi ero innamorata proprio di uno stronzo.
Sai, Roberto, ogni tanto bisogna essere severi anche con sé stessi, soprattutto nell’analizzare le relazioni. Credo che, a volte, ci siano dei segnali che ci ostiniamo a non leggere o che, nella cecità del nostro amore, possono sfuggirci. Sono anche convinta che le relazioni sono quasi sempre squilibrate e uno dei due ama più dell’altro. E, a un certo punto, se la bilancia pende troppo, si finisce col culo a terra. Mi dispiace moltissimo per la tua amica perché capisco bene come si sente. Sono passati 10 anni e io il tizio non l’ho mai perdonato. E ogni volta che ci penso – mi capita meno di una volta, ma succede ancora – spero che gli cada un capello di troppo. O che gli scappi un sonoro rutto mentre sta a riunione col suo capo!

le parole giuste per essere in disaccordo

Questo gatto si chiama MAOW ed è la creatura insieme più adorabile e più politicamente scorretta che il web abbia sfornato negli ultimi tempi. L’hanno creata due che non sono tanto a posto e c’hanno troppe consonanti fricative nei soprannomi: Lex [graphic designer, illustratore e artista marziale] e XOs [romanziere, cyberpunk e critico sociale].

Perché vi parlo di Maow? Perché questa vignetta la uso quando devo fare l’esempio di come non si deve essere in disaccordo. Esistono le parole giuste per discutere e confrontarsi. Si va da un grado zero, che corrisponde al puro insulto gratuito, e si arriva fino al grado sei,ossia: controargomentare centrando il punto.
Le elezioni americane hanno fatto riflettere il mondo su molte cose. Io mi sono improvvisamente ricordata di quanto onore ci sia nel riconoscere un avversario degno con cui aver lottato e vinto. Al di là delle opinioni politiche, quando il neo presidente è stato eletto, per prima cosa ha riconosciuto i meriti del suo avversario. È stata, a mio avviso, la vera grande lezione di questo confronto politico…

Mi capita spesso di osservare, negli ultimi tempi e ad ogni età, una graduale disabitudine al confronto e alla discussione. Le controversie sono difficili da gestire: mettono di malumore e costringono ad affrontare sentimenti potenzialmente distruttivi, come la rabbia, il rancore, il dispiacere. In un mondo fatto di tecnologia ci si disabitua al confronto perché, dietro a uno schermo qualunque, si è protetti.

In ogni momento, se si vuole, basta un ctrl+alt+canc per mettere a tacere chi non è d’accordo con noi.

Sembra un controsenso, eppure solo quando incontriamo qualcuno che non è d’accordo possiamo davvero allargare i nostri orizzonti. Chi ci da ragione, la pensa come noi. Chi ha un’opinione diversa e ce la sa spiegare, invece, rischia di regalare a entrambi un nuovo punto divista.

Ecco, il senso del post è questo: anche se nella vita di tutti i giorni siamo abituati a cancellare (virtualmente) le persone con cui siamo in disaccordo, la lealtà dello scontro tra i due candidati americani mi ha ricordato quanto mi manchi un contradditorio costruttivo con qualcuno che sia in grado di controargomentare. Se ci penso, sono i grandi confronti umani, gli scontri di opinione che mi hanno sempre fatto crescere, da quelli con i genitori a quelli con i docenti a quelli con i capi e i colleghi. E il valore di una vittoria è dato soprattutto dalla grandezza del proprio avversario.