è qualche giorno che voglio scrivere questo post, che mi gira in testa.
ma poi ero stanca con la testa, ho dromito poco, ho rivisto il video di un’intervista in cui sembro un troll vestito alle bancarelle degli abiti usati anni 80, oggi nevicava cattivo, mica quella bella neve soffice che ti fa venir voglia di natale ma quella bastarda che ti gela la punta delle dita e le ginocchia.
e poi ero inibita perché qualche giorno fa mi ha chiamato un amico che mi ha fatto un appunto: scrivi troppo triste e serio, ultimamente. torniamo a parlare di cazzi, please.
si, ha ragione.
oggi però non parlo di cazzi, non mi va, non vogliatemene.
il fatto è che martedì sono stata a vedere a teatro la messa in scena di un testo di Paravidino che mi incuriosiva assai. il titolo è PEANUTS e, per sapere esattamente cos’è e di cosa tratta, vi rimando al sito del suo autore nonché alla bella recensione su drammaturgia.it.
questo testo è interessante per due motivi.
il primo perché chi è stato a Genova certe cose non se le dimentica.
il secondo, più tecnico, perché il meccanismo comico straniante di schultz viene rielaborato prima associandolo a temi contemporanei sulla globalità e poi spostando il tutto in una dimensione surreale di violenza fisica e psicologica.
ma non è di questo che voglio parlare in questo post.
voglio parlare della plutocrazia.
da martedì che sono uscita da teatro che ci penso: era uno dei titoli delle vignette sul palco.
martedì mi è venuto in mente che non sapevo cosa voleva dire. nella mia beata ignoranza, ho pensato subito a Walt Disney, che mi ha rovinato l’infanzia. in effetti, Pluto è un personaggio piuttosto inutile, però c’è sempre; e io mi sono sempre domandata perché. allora ho avuto un’illuminazione: un topo non può essere il padrone di un cane. e pluto non può essere fiiscamente davvero più piccolo di topolino. allora, secondo me, topolino gli fa da prestanome e pluto lo ricatta in qualche modo. e la scena del cane e del padrone topo è solo una finta per coprire la cosa.
quando ho verificato il significato di plutocrazia, mi sono sentita una rapa. e allora mi serviva subito un capro espiatorio su cui rovesciare il mio nervoso e preservare la mia autostima.
ho pensato a chi mi ha rovinato più di Walt Disney.
MTV, ecco chi.
e mentre prendevo coscienza della cosa e mi arrabbiavo di conseguenza, mi appariva un nuovo meraviglioso programma che si chiama EXILE, o qualcosa del genere. in pratica, le figlie dei ricchissimi americani viziate che spendono minimo centocinquantamiladollari per la loro festa dei 16 anni [ref. My sweet sexteen] vengono spedite dai genitori a imparare a vivere in qualche posto del mondo dove regna la miseria. nella puntata di oggi, una biondina veniva mandata in india e, alla fine, era orgogliosa di aver cucinato alla famiglia che la ospitava e che moriva di fame il primo vero pasto americano.
ecco.
la plutocrazia è anche questo: ha a che fare con la stupidità di una ragazzina viziata che, sponsorizzata da MTV, indossa la maglia di topolino in un villaggio del nord dell’india e piange senza avere pena di se stessa.