Posts tagged famiglia

i diritti delle bambine

Ieri il Giornale di Brescia ha dedicato ben due pagine alla mozione votata in sessione straordinaria dal consiglio comunale di Verona, cogliendo l’occasione per un report sulla situazione bresciana. L’aver taciuto la finalità dell’operazione (dirottare risorse pubbliche), aver sorvolato su chi l’ha condotta (il condottiero leghista sull’omofobia) e qualche dato decontestualizzato (i numeri sulla RU), mi hanno spinta a scrivere ieri una lunga lettera al Direttore.
Scusatemi l’eccesso di passione. Read More

contro la vita

da quando Verona si è dichiarata città a favore della vita sento il bisogno di dire cosa penso.

volete che facciamo figli, con o senza il nostro piacere, con o senza il nostro consenso, con o senza la nostra salute, con o senza violenza.
volete che facciamo figli maschi, da consegnare nelle mani di un clero che resta intoccabile anche quando commette violenze indicibili.
volete che facciamo figlie femmine, che imparino presto che è normale essere seduttive per avere attenzione, che essere desiderabili è l’unico impegno della loro vita, che sentirsi Read More

Dietro quella porta

«Le stava sempre attaccato. Il giorno in cui sono andati a prelevarlo, solo da quella mattina la polizia ha contato almeno 87 squilli. Era anche finito a mani in faccia con un paio di colleghi sul lavoro. E poi, i bambini di mezzo. Non so cosa gli è scattato, ma non c’era più modo di controllarlo». Non è un’intervista sul caso Iacovone, ma una conversazione tra me e una mia cara amica d’infanzia a proposito di suo fratello, ora in carcere per stalking. Siamo cresciuti insieme; eppure che uomo lui fosse in casa sua io non l’ho mai saputo. Ma sua sorella sì. E perfino lei ha faticato a credere che quella vena di possessività e gelosia potesse diventare tormento minaccioso. Certo, Gussago non è Ono San Pietro: un paesino di 994 anime in ValCamonica non sono certo i 17mila abitanti del paese da boom immobiliare alle porte della Franciacorta. Eppure. Dal più piccolo paese alla metropoli più affollata c’è sempre quella porta lì. Ci escono famiglie all’apparenza ordinarie, con buste della spesa e nani nel pannolone appesi al collo. Ma quando è chiusa, nel bel mezzo del sugo, a un certo punto da dentro è tutto un urlo, un esplodere di oggetti e parole e bambini strazianti e l’aria che sa di odio. Ci abbiamo convissuto tutti, con quella porta lì. Iacovone, dice sua moglie, era un buon padre per i suoi bambini. Anche il fratello della mia amica, dice lei. E le bravi madri a questo danno valore, sopportando in nome di un legame figlio-padre da preservare sacralmente. A costo della vita. Da madre, comprendo; ma da donna e cittadina ho il dovere di chiedermi se è davvero questo ciò che conta, perché ora il ragazzo che giocava con me in strada sta in galera e a Ono San Pietro c’è una madre senza più figli. La porta chiusa è un limite invalicabile per chi ci si chiude dentro. Erica Patti l’aiuto legale, psicologico e dei servizi sociali è uscita a cercarlo e l’ha trovato: quello che ha fatto secondo la legge è un esempio per molte donne. Così come il suo tentativo -eroico, a mio modesto parere- di mantenere sotto controllo la tensione e la follia. Ma nella guerra domestica che stermina mogli e figli occorre ormai fare la rivoluzione e sfondare le porte chiuse delle famiglie violente. Una sera la mia amica invece di alzare il volume della tv ha trovato una forza che non sapeva di avere, è entrata in casa di suo fratello e ha portato fuori i nipoti. Molte altre volte li ha sottratti all’odio irrazionale dei due adulti impegnati ad annientarsi reciprocamente. L’ha fatto per prevenire altra violenza; e perché la visione dell’odio per i bambini non diventasse né abitudine né educazione. Il diritto ad essere liberi in casa propria non è in discussione; ma la libertà non include la violenza vessatoria, fisica, omicida. Io non credo che basti essere un buon padre per essere un uomo intoccabile. E questo nella propria casa, nel proprio quartiere, nel proprio posto di lavoro e, in definitiva, nella propria comunità. Se stasera lo sentite di nuovo, quello che succede dietro la porta chiusa, ascoltatelo bene invece di ignorarlo. Non abituatevi mai, bussate e chiedete: possiamo portar via i bambini? Almeno finché non tornate ad essere persone.

[questo articolo è comparso sul blog del CorSera Brescia e lo potete leggere qui]

A. Con. Per. L’importante è fare l’amore.

VintageCouple
La mia nonna era una donna d’altri tempi. Tra lei e me c’è un secolo breve, due guerre, nove gravidanze, sette figli diventati adulti. Una parte della mia formazione in fatto di relazioni la devo a lei. A lei e al Cioè, ché quando io mi sono improvvisamente accorta che esistevano i maschi e abitavano il mio stesso mondo e in fondo non erano poi così male -anche se bastava lanciargli una palla perché si mettessero a correre come dei cani- non c’era internet. E di certe cose ce ne metti un bel po’ prima di renderti conto che puoi parlarne con mamma realizzando che è una donna anche lei e, in qualche modo, c’è già passata.

Dopo nove gravidanze mia nonna aveva da insegnarne parecchie sulle conseguenze dell’amore. E, più precisamente, sulle conseguenze dirette del fare all’amore.
Che ai suoi tempi era una cosa seria e noiosissima. Fare all’amore a qualcuno significava corteggiarlo formalmente. Cioè passare le serate mano nella mano seduti in salotto sotto lo sguardo attento e inquisitore di parenti e animali domestici. Fare all’amore, ai tempi della mia nonna, valeva più o meno come l’abitudine a farsi compagnia. Read More

l’orrore di una medicina che non cura

Ho letto su INternazionale un articolo vergognoso.
Così, ho scritto al suo direttore. Vi dirò se otterrò risposta.

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Gentile Direttore,

da fedele abbonata, da attenta lettrice, da persona adulta, da madre, da donna e da cittadina le scrivo.
Con orrore crescente ho letto l’articolo contenuto nello scorso numero 924 firmato da Michael Specter e titolato “Resistenti al vaccino”.
Affermazioni come

diversi studi dimostrano che i vaccini contro il morbillo sono sicuri e non hanno nessun rapporto con l’autismo

mi turbano profondamente, soprattutto se presentati senza un contradditorio, senza una fonte di riferimento (dato che i dati della Food& Drug Adm. dimostrano esattamente il contrario) e gettati a fondamenta di una tesi più simile a una chiacchiera da bar che a una ricerca accurata. Su che criterio avete selezionato la fonte? Forse che il New Yorker vi sia stato sufficiente?

Gentile Direttore, a un leghista che le cita l’aggettivo “padano” nel marchio del Grana come fondamento socio-culturale dell’esistenza della Padania, cosa risponde?
Come le è dunque possibile con leggerezza permettere la pubblicazione di un articolo che accusa chi sceglie di non vaccinarsi un pericolo per la società, una mina vagante, un pessimo cittadino?
Ci sono stati anni in cui denunciare un vicino di casa di differente religione o colpevole di amare persone del suo stesso sesso era atto di patriottismo. O anche: è solo recente conquista il riconoscimento che la violenza sulla propria compagna sia una violenza alla persona, come tale perseguibile e non, com’è stato da sempre, una sorta di diritto naturale del maschio sulla donna di sua proprietà.
Negare i numeri delle vittime delle vaccinazioni di legge è negare la nostra storia civile, di cittadini e di utenti di una sanità (nazionale e mondiale) controllata -come tanti altri settori- da interessi economici prima che dalla tutela della salute pubblica. Affermare altresì che un virus dichiarato pandemico

potrebbe dissolversi, come pare sia avvenuto all’H1N1

poi, significa non curarsi di un macchina del terrore sanitario globale che include inutili quanto redditizie iperproduzioni farmaceutiche, razzismo alimentare e compattamento politico nazionale.

Gentile Direttore, mi piacerebbe presentarle mia nipote, una bimba adorabile, diventata autistica dopo una febbre da post-vaccinazione ordinaria anti-morbillo che le ha dato terribili effetti collaterali. O vorrei che fosse stato al mio fianco di fronte al mio pediatra, formatosi ai corsi di aggiornamento finanziati dalla grandi farmaceutiche, convinto sostenitore dei benefici del vaccino.
La ragione addotta più frequentemente alla sicurezza dei vaccini è che non hanno sintomi. Ma mi dica, gentile Direttore, quanto definerebbe sicuro un qualunque farmaco che le provocasse una reazione con febbre oltre i 40°?
Provi a segnalarlo al suo dottore. E provi a sentirsi dire che “è una reazione normale”, gentile Direttore, e che è lei ad avere qualcosa che non va.
Provi a recarsi all’ASL e chiedere vaccini singoli, non depotenziati al mercurio, a rifiutare l’esavalente e a chiedere di esercitare il proprio diritto -in qualità di cittadino italiano- al dissenso informato. La prego, gentile Direttore, provi.
Io l’ho fatto.
E le dico che non è facile. Che i luoghi comuni, come quelli propagandati da questo articolo superficiale e fazioso, sono così lenti da sradicare che occorre l’impegno in prima linea di tutti noi. E che di certo non aiuta nessuno un articolo fondato sul paragone tra croste secche di vacca vaiolosa e moderni ritrovati scientifici contro ogni tipo di virus; che esiste, che verrà e che, in ogni caso, sarà pubblicizzato a dovere per garantire un buon ritorno d’immagine e un profitto a molti, moltissimi zeri.
Il dissenso informato è una conquista di tutti i cittadini italiani, gentile Direttore, e non solo delle regioni da voi citate.
Ma il dissenso informato prevede che esista un’informazione approfondita sui rischi di ogni trattamento, anche se in altre epoche e su altri morbi ormai eradicati ha ottenuto validi risultati su larga scala.

Gentile Direttore, vorrei che lei tenesse impegno all’elevata qualità da sempre perseguita dal suo periodico, offrendo nei numeri a venire un approfondimento al discorso delle vaccinazioni, con cifre e indagini attendibili, in un contradditorio tra sostenitori e critici.
Lo deve ai suoi lettori e lo deve a me, madre di due figli con una rara malattia genetica per cui ogni stato febbrile diventa un pericolo dalle conseguenze imprevedibili.
Ha mai provato, gentile Direttore, a sentirsi definire “un pessimo padre” perché si rifiuta di sacrificare i suoi figli nel roveto ardente dei loghi comuni?

Con rispettoso affetto.