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* due nuovi video *

siccome ognni tanto riesco (inspiegabilmente) a ritagliarmi del tempo (poco) per cose assolutamente inutili tipo: vivere la mia vita virtuale, ecco che tra ieri l’altro e ieri ieri sono riuscita a caricare due nuovi video su YouTube.

il primo è una micro-serie di micro-frammenti della puntata del Costanzo Show che mi ha visto come ospite in qualità di ‘esperta di sex toys’ (…??…).
davvero, i frammenti sono pochi, sparsi e confusi, ma giusto per dire: io c’ero.
a chi dovrei dirlo e per quale ragione sono domande che preferisco non pormi.
almeno, non di domenica pomeriggio.

il secondo è un taglio rubato dalla versione beta del servizio che la bella Arianna Chieli [ref. http://www.ariannachieli.com] reporter, fashionista, scrittrice, giornalista e topolona da sbarco, ha preparato per Current TV in omaggio alla mostra che la Triennale Bovisa ha dedicato a Guido Crepax e alla bella Valentina.
nel video, uno staff di esperti cerca di trasformarmi in una donna ‘alla Valentina’.
la giornata a Milano è stata divertente e anche faticosa. quanto al risultato, lascio a voi il giudizio.

e ora basta didascalie: diamoci con i filmati!

porco assassino!

e dopo anni in cui non succedeva più nulla di divertente, ecco che, dal nulla, arriva il porco assassino che ti ammazza con un raffreddore letale in meno di tre giorni.

*** abracadabra ***

ma che bella magìa:
c’è una nuova pandemìa!

per guarir non serve tanto.
ma se prendi controvento
uno starnuto un po’ cruento,
bhè… prenota il camposanto
ché di certo, in pochi giorni
finirai tutti i tuoi inverni.

non perdona il porco assassino:
ne ammazzerà – state certi! – a centinaia
per vendicar l’immolata porcilaia
su altari domestici inondati di suino.

la soluzione è molto facile
ma è poco popolare:
mangiare meno carne e darsi da fare
per un corpo più sano e meno gracile!

ma a quanto pare l’amor per gli antibiotici
non tocca mai gli scettici
sostiene i politici
unifica anche i critici
e ci rende, più che romantici,
solo un branco di porci psicotici.

***

per chi se ne fosse dimenticato, ricordo la pandemìa più recente.
influenza aviaria era il suo nome, doveva mietere milioni di vittime in tutto il mondo e invece non ha combinato un cazzo.
ma prima c’è stata la mucca pazza, e lì, come molti, mi ero illusa che il buon senso spingesse verso un consumo più responsabile di carne bovina che non fa bene né all’organismo né al pianeta. e invece c’è stata solo un po’ di coda fuori dalle farmacie e poi tutto a posto.
e prima ancora di tutto questo c’erano i ciclici allarmi, all’inizio delle stagioni fredde, per ‘la più spaventosa influenza che sia mai arrivata da terre lontane per colpire i nostri cari più deboli, bambini e anziani’.

la soluzione è sempre quella: imbottitevi di medicinali.
che non funzionano, ma in via preventiva è la cosa migliore.
certo certo. come dire che siccome io abito vicino all’inceneritore, per non morire di cancro alle vie respiratorie dovrei abituarmi e attaccarmi ogni giorno per qualche minuto al tubo di scappamento dell’automobile.
sappiano i più scettici che dietro a ogni pandemìa ci sono molti potenziali affari. quello palese riguarda le case farmaceutiche che possono immettere sul mercato molti prodotti inutili, scadenti e scaduti e tanto la gente li compra lo stesso. ma ce ne sono anche altri, solo che non ho voglia di elencarli.

e in verità, in verità vi dico, che è in arrivo la peggiore pandemìa planetaria che mai si sia vista su questo pianeta. colpirà tutti, indistintamente e l’annunciò anni fa (era il ’95/’96) un profeta dei nostri tempi, Roberto Benigni, che già predisse il maiale rincoglionito (e in effetti, un’influenza come quella che si sta millantando dal messico un po’ ci assomiglia).
si tratta del terribile ABBACCHIO FROCIO.
non serve mangiarlo, nemmeno entrare in contatto diretto con il famigerato piatto infetto. basta odorarne il profumo che la trasformazione è immediata. dunque, donne, tenete mariti, fratelli, padri e fidanzati in casa, sprangate le finestre, mettete filtri di depurazione all’aria e preparatevi a combattere i malvagi effluvi a colpi di cavolo bollito e cavolfiori al vapore, in attesa che arrivi il nuovo potente antibiotico Bayer a base di soffritto di aglio, porro, ed erbette puzzolone!

ANGELS IN AMERICA – Quando il teatro ti travolge

è successo che scrivessi sul teatro.
è per via di un vecchio amore, mai sopito, per la magia della scena. ma poi so benissimo che esiste un mestiere di chi fa i teatro e che ci sono i tempi, i ritmi della produzione, i bilanci, gli appoggi politici, i finanziamenti, la burocrazia e la legge.
in tempi difficili, di tagli, il problema diventa costruire i cartelloni e attirare il pubblico. perché per andare a teatro spesso occorre preparazione, così si dice.
ma questo è vero solo in parte.
se uno spettacolo è ben costruito, se il testo ha qualcosa da dire e la partitura scenica aiuta la comunicazione, allora si va a teatro immersi nella beata ignoranza dello spettatore curioso e se ne esce felici e ben più sapienti.
quello che manca, in effetti, al pubblico di oggi non è la preparazione culturale, ma una soglia di attenzione che vada oltre i tempi del videoclip.
così, gli impresari un po’ tonti che riempiono il cartellone per le vecchie carampane tintinnanti di pendagli dorati e per le scolaresche minacciate da tirannici prof, credono di assicurarsi la sala con i soliti autori noti e le solite messinscene che, anche a perderle, non ci si perde granché.
motivo?
non raccontano niente.
chi fa il teatro senza rischiare lo fa, di fatto, senza comunicare.
però se a uno gli piace stare sotto i fari del palco e a qualcuno gli piace guardare e pensare che gli piacerebbe anche a lui fare quello che sta sotto i fari del palco, bhè: saranno poi affari loro. onanisti e guardoni sono coppie parafiliache da sempre esistenti e mai in estinzione. di certo, non si sta qui a giudicare.
molto più utile è invece considerare cosa e come il teatro possa vivere oggi.
e soprattutto perché.

quella di Brescia è sempre stata una stagione indecisa. un po’ di classici pallosi, qualche produzione montata per mantenere la nomea di teatro stabile, sorprese di tanto in tanto e, tutto sommato, il merito di farmi fare un abbonamento ogni anno (nella versione posto a rotazione, pago un po’ di più però scelgo io cosa vedere) negli ultimi dodici anni.
quest’anno ero delusa perché mi sono fatta delle dormite colossali e questo non è da me.
lo sono stata ancora di più quando all’apertura del sipario la scenografia era grandiosa e gli spunti iniziali erano incoraggianti.

e poi, come ieri, arriva il tana-libera-tutti.
ANGELS IN AMERICA, regia di Elio de Capitani (nel cast) e Ferdinando Bruni.

ci sono andata così, ignorante e un po’ disillusa. e lo spettacolo mi ha travolto. l’energia della scena, la bravura degli attori, la rivisitazione del testo, la potenza dei video e delle musiche: tutti i premi ricevuti non sono abbastanza.
lo spettacolo è roboante.
il lavoro è di tutta la squadra del teatro, anche dei tecnici nascosti.
le ragioni per andare a vederlo sono tantissime. perché in questo testo ci sono tutti i temi della fine millennio, attraverso cui si può rileggere il nostro male sociale da post 11 settembre.

a questo link godetevi il trailer.
poi cercate la data più vicina a voi, non perdetevelo!
perché il teatro è un happening esclusivo e se non ci siete è tutto perduto.

mi pento di cuore

queste sono state le prime parole che ha pronunciato Josef Fritzl, noto ormai con il nome ben più calzante di “mostro di Amstetten”, condannato ieri all’ergastolo da scontare in manicomio.
per dovere di cronaca, le sue parole esatte sono state: “Mi pento con tutto il mio cuore per quello che ho fatto alla mia famiglia. Purtroppo non posso più fare niente di buono. Posso solo provare a limitare i danni per quanto possibile”.
e vabbè.
consideriamo il lato positivo: in austria la giustizia funziona.
e tutto sommato, funziona bene.

ma non è questo di cui volevo scrivere.
sono giorni in cui vivo completamente straniata, come se mi trovassi in una realtà parallela.
la stessa realtà parallela dove un mostro come Fritzl può ancora dire di ‘avere un cuore’ o ammettere di potersi ‘pentire’.
chi di voi ignorasse la vicenda, può trovarne molte tracce nella rete.
la storia di Elizabeth, figlia del mostro, sequestrata per 24 anni dal padre e costretta a vivere coi figli dell’incesto in un ricavo di cantina di 11 mq, supera anche il più brutale dei romanzi partoriti dal più malato degli autori. esiste una realtà mostruosa in cui mi trovo immersa in questi giorni e che mi paralizza. ogni tanto, quando penso di averci trovato un senso, come alice nel paese delle meraviglie, mi accorgo che le strade non portano da nessuna parte e che ho ascoltato ingenuamente i consigli di uno stregatto svanito.

la cosa meno ‘grave’ a cui assisto in questi giorni è la vergognosa campagna Enel per gli abbonamenti al consumo di energia secondo la ‘tua taglia’.
considerate bene che questa ‘allettante’ offerta è in realtà una colossale fregatura.
la taglia più piccola, infatti, costa 12€/mese+tasse.
personalmente, io consumo molto meno perché l’anno scorso, con il decreto bersani, ho usufruito gratuitamente del passaggio alle tariffe bio-orarie, che permettono un risparmi di oltre il 30% se si consuma energia nelle fasce in cui è meno richiesta (h.19-08 e weekend).
quella di enel è una pessima offerta e, inoltre, costituisce un grosso passo indietro rispetto a un’educazione responsabile al consumo energetico. dunque: prima di sottoscrivere queste allettanti proposte truffa, pensateci bene.
potete ancora contattare il vostro operatore e pretendere il passaggio alle tariffe bio-orarie.
nonché, iniziare un consumo consapevole.

la mostruosità più ridicola è -di nuovo!- la predicozza del papa contro il preservativo.
questa mattina, l’elefante con la lingua felpata Giuliano Ferrara proclamava dai microfoni di radio24 che il papa non ha detto che il preservativo è male. anzi: lodava il fatto che il pontefice, coraggiosamente, chiamasse il preservativo con il suo nome, senza usare giri di parole.
è stato un momento commovente. un po’ come quando tuo figlio dice per la prima volta ‘cacca’ e non più ‘pu-pu’.
e a proposito delle parole del papa, è vero: non ha detto che il preservativo è male.
ha solo detto che non serve e che invece la soluzione è sposarsi e/o essere amici dei malati.
è come dire che per curare la polmonite bisogna essere amici dei malati e/o imparare a parlare senza sputare in faccia all’interlocutore. o che per curare la peste bisogna fare lunghe processioni in cui si prega e ci si flagella e però si è amici dei malati.
…ah, ops. questo è successo davvero.

la mostruosità più agghiacciante è che in questi giorni, alla camera, nel marasma del pacchetto sicurezza e dei litigi di parte a cui nemmeno i protagonisti credono più, è in discussione (…come in parlamento si discutesse ancora) una norma secondo cui i figli di genitori apolidi (ovvero: senza cittadinanza) che nascono in italia non possono essere registrati dall’anagrafe.
ovvero: rimangono apolidi.
con l’introduzione del reato di clandestinità e l’obbligo di denuncia per i pubblici operatori, anche sanitari, il conto è presto fatto: questi bambini non hanno diritti e non vengono curati.
la situazione si fa sempre più aberrante. la tesi della superiorità e della precedenza della razza italiana porta ormai a considerare come il cittadino di pelle bianca, ceppo caucasico e carta d’identità regolarmente rilasciata dal suo comune di residenza sia indiscutibilmente superiore ad ogni altro essere umano. e non importa se è un mafioso, un politico corrotto, uno stupratore, un finanziere fraudolento, un camorrista, un brigatista, un poliziotto ricusato dall’arma: i suoi diritti civili sono garantiti e tutelati per il solo fatto che è italiano.
Baumann, discutibile voce analitica del nostro tempo, scriveva già ne ‘La società sotto assedio’ come il sistema consumistico in cui viviamo tenda a produrre rifiuti umani. in particolare, rilevava come nella dichiarazione dell’uomo e del cittadino la doppia distinzione ‘appunto’ tra uomo e cittadino comportasse l’ipocrita esclusione etica di tutti coloro che NON sono cittadini, ovvero non riconosciuti dallo stato.

ignoro come non ci si possa sentire umiliati, offesi, furiosi.
ignoro come le persone, anche quelle che non mi rappresentano, stiano per votare una simile misura.
ignoro come le istituzioni possano essere non semplicemente ‘cattive’ (come disse Tremonti, dimenticando la natura primaria dello Stato laico) ma finamai crudeli e spietate.
questo non è un mondo difficile: è solo uno stato di merda!

i hate shopping

gli anni di università li ho condivisi con due coinquiline in gamba. che però avevano un vizio capitale: adoravano i romanzi della kynsella. loro li hanno letti tutti, scambiandoseli.
io ho retto col primo, come prova di amicizia.
ricordo ancora di essere arrivata a stento alla fine, abbattuta nel mio intimo dalla noia profonda per questo libro così inutile e poco interessante.
però, fedele al mio voto di amicizia eterna e molto curiosa dopo le polemiche che ho sentito, sono stata a vedere anche il film.
mi piacciono le serate al cinema con le amiche a vedere cose poco impegnative, magari perfino trash. non mi aspetto niente dal film perché tanto so già che la parte migliore sono i commenti condivisi alla fine, a un tavolino da bar.non mi aspettavo nulla da questo film, è vero.
ma tutto pensavo tranne che fosse un film dell’horror.
ho passato tutto il tempo rattrappita sulla sedia, inorridita da tutto: da lei, dalla sua goffaggine, dal suo malgusto, dalla sua stupidità eclatante, dalla sua totale assenza di moralità, da come riuscisse a dire sempre la cosa peggiore al momento peggiore e a fare le cose più stupide e insensate in ogni situazione.non potevo fare a meno di chiedermi perché di ogni battuta, di ogni scena. e anche mi sono chiesta se non esiste più la figura del revisore delle sceneggiature perché questa qui, di storia, proprio non sta in piedi.
non avrei mai pensato di dirlo, ma vi assicuro che il libro è molto, ma molto, ma molto più interessante e perfino intelligente del film.
e qui rientra in gioco il detto per cui quando mangi merda per un sacco di tempo anche il fango non sembra così male. ecco: il rapporto tra film è libro è più o meno lo stesso. il livello è così infimo per entrambi che l’unica cosa che ti aspetti è solo la coerenza, nulla di più.queste storie vanno raccontate per spegnere la testa e guardarsi un po’ di abiti in santa pace.ma qui anche lo stylist è stato pescato all’oratorio di un villaggetto nel connecticut. lei ha uno stile da sfigata e molla l’unico oggetto decente che si vede in tutto il film: un paio di stivali rossi di gucci davvero non male.

a parte la sceneggiatura davvero imbarazzante per chi si pecca di averla firmata, quello che mi ha scandalizzata è il fondo morale del film.
e mai come in questo caso, di fondo vero e proprio si tratta.
la becky del libro era una ragazzina irresponsabile che giocava con le carte di credito e poi imparava dalla vita che bisogna crescere e imparare a dare valore ai soldi.
la becky del film, invece, è una stronza eclatante, che non esita a barattare l’abito da damigella per il matrimonio della sua migliore amica con una specie di tovaglia viola in acrilico che si butta sulle spalle per un esordio televisivo in cui fa la figura di quella che è: un’immatura bugiarda.
e quando tutto va male perché lei non sa dare valore ai soldi come non lo sa dare agli affetti, torna da suo padre che le fa uno di quei discorsi da film americano il cui succo è però profondamente deviato: figlia mia, le dice, venderò il camper che ho comprato con i risparmi di una vita per ripianare i tuoi debiti e tu non devi preoccuparti ché questo paese è diventato grande proprio perché i suoi cittadini spendono molto al di sopra delle proprie possibilità.

dunque, anche agli occhi di suo padre, becky è una cittadina modello perché usa il mezzo simbolo degli Stati Uniti, cioè le carte di credito, nel modo migliore: per indebitarsi.
vorrei anche parlarvi del mondo descritto nel film, dove le donne hanno orgasmi multipli alla vista di oggetti di moda di qualsiasi portata ma dalla completa e assoluta inutilità.
il mio terrore, guardando questo film, è stato proprio questo: era come se gli oggetti di moda avessero in effetti un valore assoluto. mentre tutte noi sappiamo benissimo che la moda è passeggera e che anche il più bello dei vestiti è solo…un vestito.
non ci credo che esiste un mondo dove gli oggetti possono avere un valore così distante dal loro utilizzo.e senza addentrarmi in quello che sanno tutti, ossia che l’industria della moda e quella della merce di basso valore hanno gli stessi siti e procedimenti produttivi, mi limiterò a dire che chi si indebita per gli oggetti (e non, ad esempio, per il cibo o per i beni di prima necessità) fino a trovarsi seriamente dei guai andrebbe considerato un malato bisognoso di sostegno psicologico e non certo una simpatica canaglia con cui stringere una profonda amicizia.

chiudo con una piccola considerazione sui soldi.
il rapporto coi soldi è del tutto personale. alcune persone diventano insospettabilmente dei mostri quando si trovano a doversi confrontare a colpi di beni al portatore. quando frequento un uomo, so che posso accettare molti difetti, ma non l’avarizia. un uomo che non è generoso con quello che possiede non lo è nemmeno con i suoi sentimenti.
anche per questo motivo la specie di prequel malriuscito di ‘I love shopping’ della Kinsella che ho visto al cinema mi ha così turbato: perché è un inno all’egoismo irresponsabile e al malsano rapporto deviato con il denaro, in nome del quale sono azzerati perfino i sentimenti più nobili e che viene barattato con oggetti così futili che, a fermarsi e fare il punto di una vita spesa così, può venirne solo tanta pena.

il mondo diviso in due – il BORIS GODUNOV della Fura dels Baus

questa è una recensione allo spettacolo BORIS GODUNOV della Fura dels Baus in scena fino a venerdì a Milano al Teatro Smeraldo.

ma prima di dirvi cosa penso della messinscena cui ho assistito ieri sera, ho bisogno di fare una premessa. e cioè:
ho passato tutta la vita a imparare che le cose non sono bianche e nere, ma che esistono (infinite) sfumature di grigio che descrivono la realtà.
anni di impegno e di comprensione e di sforzo per considerare sempre un nuovo punto di vista.
bene.
ad oggi, sono assolutamente convinta che la pluralità delle opinioni e delle considerazioni e dei punti di vista sia una ricchezza della vita, più di quella reale che di quella virtuale.
ma so anche che semplificare al massimo, alle volte, aiuta parecchio.
ad esempio, nelle relazioni, ci sono due modi per essere:

se sei così 😀 allora va tutto bene
se sei così 🙁 è il caso di prendere in considerazione l’idea di mollare.

ma potrei farne molti altri di esempi in cui il bipolarismo funziona meglio dell’analisi minuziosa. solo che volevo dirvi cosa penso del Boris Godunov.
…è un vero spettacolo!
il meno tecnologico della Fura, almeno per la mia esperienza. ma di certo il più umano. forse perché il dramma dei terroristi e dei loro prigionieri (lo spettacolo si ispira ai fatti del teatro Dubrovka di Mosca dove, nel 2002 si erano asserragliati i terroristi ceceni) non ha bisogno di drammaturgia per essere intimamente capito dal pubblico.
quello che di solito rimprovero alla Fura è la difficoltà ad armonizzare testi ‘classici’ -che sono sempre la base degli spettacoli- con il racconto a crudo di temi contemporanei. ma qui, nel Boris, complici un gruppo di interpreti strepitosi, il matrimonio tra il testo di Puskin, il copione e l’improvvisazione in sala è perfetto.
due ore e mezza ostaggi degli attori in un dramma comune per raccontare quello che scriveva Remarque: le guerre dovrebbero essere combattute dai capi di stato rinchiusi in uno stadio a massacrarsi a vicenda, con il popolo sugli spalti a fare il tifo.
e invece, sappiamo bene come vanno le cose nella realtà.

la considerazione iniziale sul mondo diviso in due vale anche per il teatro.
ci sono due modi di fare teatro: per sé e per gli altri.
il teatro italiano conosce recentemente autori talentuosi e con grande spirito direi di sopravvivenza. senza citare paravidino o emma dante, vi invito a recuperare la raccolta di Minimum Fax edita da poco sulle nuove voci della drammaturgia nazionale.
ma il teatro italiano, così come il cinema, cade nei suoi interpreti, ancora prigionieri del mito del gigione, del mattatore, del protagonista che si impone sui personaggi schiacciandoli senza riuscire nemmeno a raccontarli.
esiste un altro teatro che riesce ancora ad essere vivo, che ha interpreti bravi e umili, che è ricco di idee, che è ancora un’esperienza che vale la pena di vivere.
andate a vedere la Fura, oggi o quando ne avrete l’occasione.
e capirete cosa voglio dire.

di come i buoni propositi se ne vanno allegramente a puttane

ieri sera ero piena di buoni propositi.
primo: stirare.

le single fanno anche quello e in fondo a me non dispiace poi tanto.

però stirare è troppo da casalinga putta e allora di solito ci unisco qualcosa di culturale.

inizio con l’ultimo TG della sera. la prima cosa che sento è che i
nostri nella loro Versaille romana stanno discutendo della legge sul
testamento biologico.

oddio…discutere è una parola grossa…

insomma, sento che è condiviso un punto di vista, cioè che questa legge
schifosa e immorale che si permette di decidere al posto del singolo
del suo diritto a rimanere in vita insieme al benjamin e al cactus in
salotto ab aeternum o almeno finché il corpo non va a muffa (che non è
la muffa nobile dell’uva che serve per il passito ma è più la muffa
delle cripte vescovili o di quelle dei conventi con i cadaverini dei
figli illeciti delle suore) è una legge buona e giusta perché è
necessario sollevare il paese da un peso morale come quello a cui ci
siamo trovati di fronte col ‘caso Eluana’.

insomma: lo fanno per noi.

ci tolgono il peso di pensare, la preoccupazione di prendere coscienza,
la dignità di essere persone che ragionano di etica, di diritti, di
moralità.

ci tolgono il peso di essere divisi su qualcosa di importante.

come direbbe fantozzi: …come sono buoni loro!


mi chiedo come ho potuto vivere fino ad ora discutendo animatamente con
altre persone di opinioni pesanti. e anche mi chiedo come abbia potuto
fino ad ora continuare ad avere stima di atri che pur hanno pareri
molto distanti dai miei …incredibile…

bhé, comunque, da oggi pare non sarà più un problema mio …sì, perché
l’idea di confrontarsi su temi importanti è un problema, una
preoccupazione, un inutile stress sociale…


accantono il TG e il mio primo buon proposito.


passo al secondo: Santoro e un po’ di dibattito sul lavoro, in Italia e
in Europa. prima inquadratura: paperino Tremonti che fa lezione a un
ragazzo che sta perdendo il lavoro e gli dice che è colpa della
globalizzazione perché ha stravolto il mondo in meno di ventanni, che è
un tempo troppo breve.

io lo guardo col ferro in mano e vorrei averlo davanti a portata di vapore.

penso a tutti i soldi che prende, agli aumenti che insieme ai suoi
colleghi della versailles romana si danno ciclicamente come premio
morale per essere così bravi a incularsi i cittadini mantenendoli
docili, penso che tra un po’ lanceranno la campagna: ‘sei un politico
col culo quadrato? adotta anche tu un disoccupato’ e si faranno
fotografare in stile pietista con il loro disoccupato al guinzaglio,
felice e fedele.

guardo Tremonti dibattere con un sindacalista scaldapoltrone a caso che
parla di dazi in europa per proteggere il lavoro e penso al casino di
alitalia e agli stipendi dei cassaintegrati e a quelli dei sindacalisti
e mi viene una nausea così forte che per non vomitare sull’asse da
stiro, spengo. io al mio bucato ci tengo!


fine indecorosa del secondo buon proposito che si discioglie in un rutto liberatorio.


allora punto su un film da oscar in dvd che ancora non ho visto.

…però su Italia1 davano Dirty Dancing…

non resisto al richiamo di ‘time of my life’ e ‘she’s like the wind’.

miseramente, mi arrendo alla nostalgia dei miei teen movies che, se
devo essere onesta, non sono migliori di quelli che ci sono oggi. e
anzi: permettetemi di osservare che il patrick bacia da schifo, anche
se rimane un toro da competizione.


e insomma, pentita del mio abbandono in massa di buoni propositi,
stamattina ascolto radio24 mentre mi faccio il bidet e mi preparo
genericamente per diventare produttiva con il mio ruolo nel mondo. ed
ecco che giuliano ferrara mi racconta la storia del povero dirigente
Rai che un giorno si trovò crocifisso dai magistrati cattivoni che
pubblicarono le sue intercettazioni innocenti eppur travisate…








…no, ragazzi, proprio non ce la fo…mi arrendo! è una congiura!

grazie silvio!

la cosa migliore che ha fatto per me berlusconi da quando è in politica è che mi ha permesso di inserirmi con competenza in molti dibattiti. per la prima volta, nella mia vita, ho la sensazione di capirci davvero qualcosa.
ed è così, giuro.
fare politica in modo berlusconiano non è difficile.
basta avere presente alcune semplici norme.

regola 1: la politica è come una partita di calcio. destra e sinistra sono solo due squadre, ma poi il gioco è lo stesso, le regole sono poche (e si possono ridiscutere ab aeternum in moviola), lo scopo comune a tutti i giocatori che siccome prendono una quantità folle di soldi se ne fregano comunque di come andrà la partita. i cittadini devono solo scegliere per chi tifare; a loro non spetta nessun altro ruolo se non quello di pubblico passivo. e pagante.

regola 2: se i soldi non sono miei, posso farci quello che voglio. così, ad esempio, con i soldi dati alla libia per non si è capito bene cosa, i libici si sono comprati unicredit che si è comprata la mia banca che adesso sta comprando i tremonti-bond ma forse li passa in austria. è bello. è come un domino in cui non sai mai dove cadono le tessere ma sai che cadono in ogni direzione e, sostanzialmente, un po’ alla cazzo.

regola 3: il senso della vita è racchiuso in due parole: shopping & fucking. questo a qualunque costo. sull’uso indiscriminato e la svalutazione della figa secondo il premier, sorvolerò. mi limiterò a dire che, per avvalorare l’idea che l’economia italiana sta bene e che, dunque, possiamo indebitarci ancora, ogni volta che si muove o incontra qualcuno promette soldi e stringe accordi con gran sorrisi. lo ha fatto con alitalia, che ha svenduto combinando un macello in cui nessuno capisce più niente. però secondo lui ‘è salva’. da chi e da cosa non si è capito. lo ha fatto ieri con la francia in cui -mi pare- ha raggiunto il massimo della creatività. ovvero: siccome non si investe da anni nella ricerca i nostri tecnici sono emigrati all’estero. allora ieri berlusconi ha comprato il know-how dei tecnici francesi (che sono italiani) sul nucleare per costruire delle fantomatiche centrali che quando saranno pronte saranno già vecchie. i tecnici francesi (che sono italiani) infatti utilizzeranno i nostri soldi per accelerare le ricerche sui reattori di quarta generazione che dovrebbero ridurre quasi a zero la produzione di scorie e che saranno destinati alla francia.
e comunque, rimane il problema dei soldi: chi paga per la costruzione delle centrali?
e la seconda grande domanda: ma ci servono davvero o si poteva investire nelle energie rinnovabili, pulite e meno costose? ecco, qui arriva la prossima regola che è…

regola 4: l’unica filosofia che si può applicare in politica è quella dell’uomo del bar. così, la risposta al nucleare è: ma tanto ci sono le centrali vicino ai confini! giusto, non fa una piega. è come dire che se io abito vicino a una porcilaia posso anche evitare di pulirmi il culo quando cago perché tanto puzzo di merda lo stesso. preciso.

regola 5: esiste un’italia sana (milano con il nord intorno) e un’italia spazzatura. della seconda è sufficiente non parlare. della prima si può dire che va sempre tutto bene.

regola 6: la gente è stufa di cose serie. in politica ci vuole creatività, fantasia e tanta tanta tanta simpatia.

regola 7: i veri valori di un uomo sono: la volgarità, il bullismo, l’amoralità, l’ignoranza e il malgusto. se hai questi, allora puoi fare i soldi. se hai i soldi, allora puoi fare davvero quello che ti pare.

regola 8: la dittatura è un concetto relativo e il dispotismo è solo un fraintedimento della monarchia illuminata. per dirla alla celentano, la democrazia è lenta, il premierato assoluto nella versione iosonoioevoinonsieteuncazz

o è rock.

regola 9: quando la violenza non è più controllabile nei posti chiusi, basta liberare i serragli e mandare in giro per le strade in divisa i più violenti e molesti. ogni altro tipo di intervento a monte è inutilmente dispendioso e impopolare.

regola 10: come per il marketing, anche in politica non contano i contenuti bensì l’immagine e il nome. ovvero: le parole sono solo parole.

e infine la regola di tutte le regole: in verità, in verità vi dico che se andate in chiesa tutte le domeniche e fate la comunione, potete fare davvero tutto quello che vi pare e sarete comunque persone rispettabili.

il fake delle ronde

parliamone, di queste ronde.
no, perché qui ogni tanto si fanno i proclami e pare che tutto andrà a posto. cos’è che scriveva vespa?? ah, si: il cavaliere cambia davvero le cose perchè lui vuole. amen.
…sticazzi.
l’estate in cui pianto l’ingegnere fissato con lo squadrismo da moto che gira in divisa per le strade coi suoi amichetti bulli e col cazzo moscio, mi salta in mente di fare la volontaria. cerco un po’ in rete, vado all’informagiovani e mi capita sott’occhio una’ssociazione che sta a palau, in sardegna. mi dico che è una figata. così li contatto per fare da sostegno a una ragazzina su una sedia a rotelle. devo farle compagnia, portarla al mare, farle il bagno insieme a un’assistente di ruolo sul posto.
quando arrivo, scopro la realtà: questa associazione è nata perché quelli che ci sono dentro hanno litigato con quelli che c’erano già sul posto. così, hanno fondato un’associazione, fanno sevizio con l’ambulanza e hanno una divisa con un logo tutto loro. peccato che non sappiano fare pronto soccorso e il primo giorno che sono lì un ragazzo che ha un incidente d’auto viene soccorso male e muore nel trasporto. dopo di che, siccome sono donna, mi dicono che devo fare le pulizie della sede. per me non sarebbe nemmeno un problema, se le facessimo tutti. e invece scopro che le altre due ragazze che ci sono fanno non so bene cosa con il responsabile e sono esonerate da tutti i turni anche perché passano le loro serate a fotografare vip al billionaire.
così litigo, li accuso di essere dei delinquenti, minaccio denunce e vengo allontanata. protesto e dico che la ragazzina che sono lì per assistere ha bisogno di aiuto per andare al mare e che questo la rende molto felice.
mi si risponde che a nessuno frega niente della ragazzina perché a loro piace l’ambulanza. pare che con la divisa addosso si rimorchino molte più fighe; nessuna di queste handicappate.



quindi, il senso della storia è questo:
ogni cretino che non ha un posto nel mondo sogna di avere una divisa addosso. una divisa ti dà, di fatto, un’identità e un potere. ma non fa di te una persona migliore. a chi crede ancora nell’integrità delle forse dell’ordine, invito a visitare un forum a caso delle forze di polizia, per leggere i commenti.



altra piccola considerazione:
dopo la liberazione, con l’arrivo dei soldati americani, nel sud italia sono nati un sacco di bambini del color del cioccolato. lo racconta una popolarissima Tammurriata Nera napoletana, che forse in molti conosceranno. certo: qualche mamma era consenziente e innamorata.



quanto a me, quello che mi rende sicura nel tornare a casa è il saluto del proprietario della kebaberia che veglia gentilmente sulla mia incolumità, non certo qualche stronzetto armato di manganello con accesso al mio indirizzo di casa e ai miei dati personali.

la nonna Pierina

ieri è morta la mia super nonna.
94 anni di vita per oltre un quintale di peso.
decisamente, un peso massimo in molti sensi.

la mia nonna era molto malata da tanti anni. da almeno cinque non era più in grado di riconoscermi, per non dire altro. ha collezionato più malattie lei di una guida ai disturbi della terza età. però ha sempre tenuto botta.
un po’ perché via via è diventata la nonna-bionica: denti nuovi, apparecchio acustico, bastone per camminare e altri piccoli accessori in sostituzione delle molte parti deteriorate dall’età e dai malesseri.
poi, nell’ultimo periodo, le trasfusioni continue per eliminarle i dolori degli ultimi grossi disturbi l’hanno trasformata in una specie di vampiro: quando si nutriva di sangue umano, stava meglio per un po’. e poi ricascava nelle sue crisi.
quando ancora mi capiva e mi parlava, io la prendevo in giro e ci ridevamo su, che era la nonna-bionica o la nonna-dracula.

e con questo post voglio ricordarla per come era, grossa e buona.
la miglior cuoca di fegato alla veneziana che sia mai comparsa nella provincia di brescia. era così buono che nessuno sapeva resistere e tutti i convitati finivano per collassare piuttosto che lasciare qualcosa nel piatto.
la mia nonna vanta nove gravidanze, di cui sette portate a termine con successo.
era anche dotata di senso dell’umorismo, visto che lei si chiamava pierina e le sue figlie le ha chiamate, nell’ordine: bortolina, orsolina, paolina, pierina teresina e …agnese.
la mia nonna era una cattolica fanatica, ma quando ha sentito questo papa parlare per la prima volta ha commentato: «questo qui non mi piace neanche un po’».
la mia nonna era una senza peli sulla lingua e con quello che mi ha raccontato, dieci anni fa, in un pomeriggio in cui faceva così caldo che ci siamo fatte venire il mal di pancia a furia di mangiare granite al limone gelate, tutte le cose che le mie zie negherebbero fino alla morte. ovvero che, anche se ora fanno tanto le santarelline, in gioventù si sono divertite molto più di me che in famiglia sono considerata la poco di buono.

e insomma, ieri la nonna si è addormentata e non si sveglia più.
poco male, perché domenica in un raro momento di lucidità è riuscita a rimproverare i figli che discutevano e litigavano e si affannavano a dispensare consigli medici e pareri infermieristici: «ma perché vi affannate tanto? non vedete che non c’è più niente da fare? io sono stanca».
e il giorno dopo, cocciuta come sempre, ha fatto quello che voleva e si è addormentata.
rimaniamo noi, che la ricordiamo ognuno a modo suo e che adesso ci tocca rimpiangerla, la nonna pierina. che le donne così, quando se ne vanno, lasciano davvero il vuoto.