osservo con attenzione e interesse la nascita e il rapido sviluppo di luoghi comuni, a volte nuovi e originali, più spesso riciclati e vestiti a nuovo. tra tutti, il più diffuso mi pare il luogo comune che fa così:
siccome c’è la tecnologia e tutti abbiamo accesso alla tecnologia con facilità, allora siamo tutti bravi a fare qualcosa. ma siccome non possiamo essere tutti bravi, allora la verità vera è che non c’è più nessuno di davvero bravo.
mi spiego con esempi:
1)siccome oggi tutti scrivono al computer e pubblicano post sul loro blog, allora si credono tutti scrittori e romanzieri;
2)siccome tutti possono avere una buona telecamera e una buona stazione montaggio, sono tutti registi;
3)siccome tutti possono avere una buona macchina fotografica, sono tutti fotografi.
per ognuna delle precendenti affermazioni, la conclusione è sempre la stessa: nessuno di questi è più davvero bravo.
rifletto sul fatto se questo possa o meno essere vero. e soprattutto, che valore abbia. fino a non troppi anni fa, per fare il regista, bisognava traslocare in uno dei pochi centri dove era possibile lavorare a bottega per imparare un mestiere che era fatto sul campo dai più anziani e poi bisognava percorrere tutti i gradi della gavetta e, comunque, esercitare il mestiere solo in pochi luoghi e con mezzi costosissimi che permettevano un margine minimo di errore e che richiedevano necessariamente una grande creatività ma anche molta esperienza poiché uno sbaglio era una perdita immane di tempo e denaro. fino a non troppi anni fa, un set fotografico era un impegno di tempo, risorse, professionalità, materiali, esperienza. fino a non troppi anni fa, scrivere un libro con la macchina da scrivere ti allenava i polsi molto più di altre attività, quelle che ti fanno essere sportivo e quelle che ti fanno diventare cieco; ma quando commettevi un errore di ortografia o dovevi rivedere le bozze, era un dramma. nella vita non potevi fare altro.
quando sento che il mestiere del creativo una volta era un vero mestiere e adesso non lo è più, non so mai cosa rispondere. da una parte non sono d’accordo, perché la tecnologia aiuta a ottimizzare i tempi e a rendere più facili le cose e tutto il tempo di vita che si guadagna – anche solo per dormire – non è mai negativo. forse se molti scrittori del passato avessero avuto il computer invece della macchina da scrivere avremmo avuto altri capolavori. o alcuni capolavori e molti libri inutili. chi può dirlo?!
in più, mi par sempre che quando la competizione aumenta perché aumentano i concorrenti, tutto si veli di nostalgia e rimpianto che è in realtà un alibi per la lotta a denti stretti. come dire che vincere la maratona di newyork, siccome si è in tantissimi, sia meno prestigioso che vincere una maratona con pochi concorrenti in uno stadio. ma se il percorso è sempre di 42,195 km, che partiamo in 10 o in 10mila, che arriviamo in 10 o in 10mila, c’è sempre e solo uno che può pensare di star sotto il record delle 2ore e poco più. ovvero: io non mi preocuperei, né darei troppo peso ai nuovi creativi che gridano allo scandalo per l’ammasso di quelli che hanno i mezzi per farcela. alla fine, sono pochi quelli a cui si dice bravo! davvero, bravo!. ancora di meno saranno quelli riconosciuti da chi ci seguirà. ancora meno, quelli che sopravviveranno al tempo, che con gli orologi digitali scorre più veloce che con le pendole a muro. e, alla fine, ne sono convinta, di nessuno non resterà nulla.