Posts by nadiolinda

Corriere della Sera – Corriere.it 4.11.2008

intervista realizzata per Corriere.it
4 novembre 2008
servizio di A.Chieli
potete leggere l’articolo originale cliccando
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CORRIERE DELLA SERA.it


Luci rosse… in rosa: Sono sempre più le donne a firmare i libri dedicati al proibito

Principe azzurro? No, meglio «schiavo»

Dominazione e sesso di gruppo in cima ai gusti erotici delle donne. I risultati di una ricerca sulla letteratura osé

MILANO – L’eros è femmina. Vale quasi sempre, ma ancora di più in letteratura, dove il genere è prerogativa del gentil sesso, che poi a quanto pare, tanto gentile non è. Il trend era già in atto da qualche anno come dimostra la prolificità della collana Pizzo Nero, edita da Borelli, il cui claim recita «romanzi erotici per donne scritti da donne». E proprio l’editore Borelli, per Pizzo Nero, ha realizzato un’inchiesta interessante sul profilo degli acquirenti di libri erotici: sono donne al 65%, per il 63% di loro l’eroina ideale è una donna in carriera, seguita a ruota dalla spregiudicata e dalla disinibita, e se pensate che l’eroe sia il principe azzurro, ravvedetevi: è lo schiavo sessualmente sottomesso, che con un indice di gradimento del 60% batte sul campo sia l’esecutore che il romantico (misero 35%).

DOMINAZIONE E SESSO DI GRUPPO – Per quanto riguarda l’ambientazione delle fantasie erotiche va alla grande l’albergo di lusso (30%), ma non se la cavano male neanche ambulatori medici (27%) e prigioni (25%). La fantasia erotica più gettonata? Dominazione, manco a dirlo, (35%) seguita a lunga distanza dal sesso di gruppo (16%). Ma c’è un nuovo interessante risvolto che riguarda tutta una categoria di scrittrici erotiche italiane ed è la componente world wide web. Le nuove scrittrici non si nutrono di sola carta: scrivono blog, si fanno promozione su myspace o facebook, utilizzano la tecnologia come raccolta e veicolo di comunicazione, hanno avatar e state sicuri che potete trovarle in rete per molta parte del loro tempo.

COMPAGNI DI LETTO – Chi sono? Tipe toste, le signore. Hanno circa trent’anni, sono ovviamente laureate e lavorano nell’ambito della comunicazione. Si chiamano Elena Torresani, Nadiolinda, Cristiana Formetta, Caterina Cutolo, Gisy Scerman, Eliselle. Ognuna racconta l’eros, talvolta il sesso, a modo suo. L’unico comune denominatore è l’utilizzo di un nuovo mezzo per comunicarlo. Nadiolinda, che per Mondadori ha pubblicato «Se non ti piace dillo, l’amore ai tempi dell’happy hour», traccia un’indagine sociologica applicata al maschio, quasi un’antropologia alla ricerca del perfetto compagno. Di letto e non di vita, come ci tiene a precisare l’autrice, che ironicamente racconta vizì e virtù di un anno di singlelaggio selvaggio. Nadiolinda è partita da un blog, segnalato poi agli addetti ai lavori, ha un suo sito internet e, ovviamente un Myspace. «Da quando ci vivo nel web, come Nadiolinda, ho imparato che ci puoi costruire relazioni importanti e anche prendere delle cantonate colossali. Appartengo all’ultima generazione che considera il reale più del virtuale. ma che si sta arrendendo all’evidenza del fatto che la virtualità è una parte irrinunciabile della vita di tutti i giorni. Sono una zia curiosa, poco attenta alle mode e molto critica su tutto quello che vedo: mi capita di dare consigli e di non capire quello che mi viene spiegato, anche quando sono stata io a fare le domande. E sì che mi sembrava anche di aver fatto una domanda chiara… è che il web ha un linguaggio tutto suo, che un po’ è suppergiovane e un po’ è supperingegnere e io coi troppo giovani e con i troppo ingegneri non c’ho mai preso molto. Ecco la verità: il web è un’orizzonte e la vita virtuale rende possibili molte cose che nella vita reale non hanno mezzi né spazi. Nadiolinda non esiste. Ma a volte ho l’impressione che sia più reale di me. Nadiolinda è il mio potenziale illimitato, la mia occasione di eternità, ma è anche una stronzetta virtuale e l’ho avvertita più volte: se non ti dai una regolata, se non la pianti di flirtare dallo schermo, se non ti copri un po’ e non impari cos’è la decenza… mi bastano tre click per eliminarti per sempre dalla rete!».

SUL WEB SI OSA DI PIU’ – Stesso percorso per Elena Torresani , che ha da poco pubblicato il suo primo libro «L’inferno di Eros – un poema erotico» (AndreaOppureEditore), un libro nato dall’incontro in rete con la fotografa Monica Papagna. «Tra i lettori del mio blog si annidava la fotografa Monica Papagna, che un giorno mi ha contattata per chiedermi se mi andava di scrivere un pezzo erotico per il vernissage della sua mostra “Fil Rouge” presso la Marena Rooms Gallery di Torino. Ammetto che non è stato facile: l’erotismo era un genere un po’ troppo sottile per il mio stile ruspante. Alla fine però la lettura di “Danze Balcaniche” davanti ai giornalisti intervenuti per il vernissage è stato un successo, e questo ha decretato la nascita del mio primo libro “L’inferno di Eros”. Unendo gli scatti della Papagna alle mie parole, dando libero sfogo anche a linguaggi erotici un po’ più spinti e a paesaggi più goderecci (decisamente più nelle mie corde) in due mesi di notti sulla tastiera ho sfornato questa creatura, che a gennaio 2008 è stata pronta per la valutazione delle case editrici. Ovviamente, in tutto questo la rete ha avuto un ruolo fondamentale: non sarei mai arrivata a sviluppare nessun ipotetico talento né a pensare di poter pubblicare un libro. Ho sempre saputo di essere priva di qualsivoglia spirito narrativo, e solo il supporto e l’affetto dei miei amici del web mi ha spinto ad osare il passo dal blog alla carta stampata».

L’EROTISMO 2.0 – Poi c’è Cristiana Danila Formetta, l’unica scrittrice attiva anche in America. In Italia ha pubblicato per la Coniglio Editore il romanzo erotico «La vita sessuale dei camaleonti» già incluso nella prestigiosa antologia International Erotica (Robinson, London), al fianco del premio nobel Elfriede Jelinek e di J.G. Ballard.Nel 2008 ha pubblicato Necro Baby, un booklet per la PesaNerviPress con racconti di pericolose “femme fatal” che prima seducono e poi distruggono chi le avvicina. «I blog promuovono un contatto diretto tra l’autore e il lettore, e permettono di entrare in confidenza con migliaia di persone, di stringere rapporti più stretti con il pubblico in maniera più immediata di come accadeva in precedenza, con i tour letterari, ad esempio. Credo che oggi il termine “scrittura erotica” sia limitato, sarebbe più giusto parlare di Erotismo 2.0. perché con internet il sesso è oramai una questione di byte, e strumenti come blog o social network sono diventati un ottimo strumento di promozione per le proprie opere. Io per esempio sono molto attiva su My Space». Val la pena di segnalare la collaborazione allo stilosissimo blog www.cooletto.com, un blog tematico che tratta di erotismo a tutto tondo: sesso frizzante, perverso, burlesque, ma anche fetish e sadomaso, con lezioni di bondage e altri tutorial illustrati del genere.

ROMANTICISMO E SESSUALITA’ – Caterina Cutolo ha pubblicato nel 2005 il suo romanzo d’esordio «Pornoromantica», una versione narrativa dei migliori post del suo blog, dove con grande ironia ed uno stile leggero e scanzonato, l’autrice fonda una vera e propria corrente di pensiero che combina l’integralismo romantico con il sesso sublime: il Pornoromanticismo, appunto. «Ho aperto il blog Pornoromantica nel giugno 2003, più che altro spinta dall’idea di avere finalmente dei lettori, cosa che mi stimolò moltissimo e da subito a sforzarmi di scrivere meglio, di catturarne l’attenzione, di spingerli a lasciarmi un’impressione, un feedback tra i commenti. L’ho intitolato Pornoromantica senza pensare in verità a dei contenuti a tema, ma solo perché mi ero appena inventata questa parola e mi divertiva e mi rappresentava in quel momento. Dopo un paio di mesi ricordo che scrissi un post diverso dagli altri, in cui raccontavo la mia scoperta della masturbazione all’età di 21 anni, dei fallimentari (e comici) tentativi prima di riuscirci, di come la mia vita sessuale sia cambiata in meglio in seguito grazie al fatto che conoscevo meglio il mio corpo e il mio piacere. La reazione dei lettori e delle lettrici fu entusiasta e partecipata, questo mi ha spinta da quel momento in poi a continuare il blog a tema, tanto più che a quel punto il titolo del blog si è rivelato assolutamente perfetto».

PADRONA E SCHIAVO – Chiudiamo la carrellata con Eliselle: ha pubblicato racconti erotici come «Altri amori» e «Tua, con tutto il corpo» antologia di racconti erotici al femminile. Dai suoi testi erotici è stato ricavato uno spettacolo teatrale, «Strettamente riservato», rappresentato in luoghi off-off di Milano dalla compagnia teatrale Attoprimo, diretta da Rocco Di Gioia. Adesso però ha fatto il grande salto, è passata dall’erotismo ai chick -lit, con il divertente «Fidanzato in affitto» (Newton Editore), la storia di una ragazza qualunque che quando perde il lavoro per mantenersi adotta uno schiavo. «Dopo un’iniziale titubanza, Cristal decide di tentare il tutto per tutto e risponde a un annuncio che sembra fare al caso suo: “Cerco disperatamente una padrona per servirla come suo schiavo… Adorazione senza limiti né remore”» si legge nella quarta di copertina.. A ben vedere, un po’ di sesso è rimasto anche qui….

Arianna Chieli

ismi

ieri, finalmente, ho visto Gomorra.
ma quanto è bravo Garrone??

detto questo, valuto il mio grado di preoccupazione.
…molto elevato, nevvero.

nonostante il mio interventismo e prammatismo e femminismo e moralismo (in un senso positivo del termine, ovviamente, e non con l’accezione comune di bigottismo retrogrado) e ancora un sacco di -ismi proiettati verso un più generale ottimismo e futurismo d’indole e d’istinto, mi tocca constatare che la nostra politica ama gestire lo stato come un consiglio di amministrazione, di cui il presidente del consiglio è AD. l’azienda non è una cosa pubblica, ma una squadra di calcio. i tagli si fanno non sugli stipendi dei dirigenti, ma sulle riserve e sui giovani e sulla pulizia dei cessi e delle docce negli spogliatoi nonché nella difesa degli stadi e dei servizi per ospitare, medicare e salvaguardare il pubblico.
esiste una perenne campagna politica in cui si aizzano letteralmente le tifoserie cercando di tirarle a sé senza nessuna considerazione, ma per evidente partito preso. si gestiscono duplicati dei registri e si vive soprattutto su giri di fatturazione e pulizia di denaro di (in)dubbia provenienza. i falli e gli insulti sono concessi e la volgarità, il machismo e le inculate a tradimento sono all’ordine del giorno. nondimeno, quando si prova a dire che questo tipo di calcio è malato, ci si richiama a valori sportivi che, al pari di quelli democratici e repubbicani, mi appaiono un po’ come la panna montata sulla merda fumante.

in ultimo, considero che questo generale sentirsi amministratori di un’azienda fallata e marcia, autorizza a prendere decisioni quasi sempre in urgenza, monetizzando tutto e spostando sempre tutti gli argomenti di discussione sui soldi.

in effetti, la cosa è rivelatrice: i soldi sono l’unica ossessione per questa classe dirigente; ma anche, ammettiamolo, per quasi tutti gli strati sociali, dal primo dei potenti all’ultimo degli stronzi. non è solo che i soldi, come mi ha ricordato qualcuno recentemente, non sono altro che un’idea: è anche che a ragionare così non si è più persone.
qualche tempo fa, un’amica che ha condotto un incontro in una scuola parlando di inserimento nel mondo del lavoro, mi ha chiamato sconvolta per chiedermi come poteva spiegare ai ragazzi il concetto di umiltà.
io faccio lezioni di pubblicazione etica su web in università e il solo titolo del corso registra sguardi attoniti e persi che dicono chiaramente cosa sta pensando chi mi ascolta: etica…cioè?

chi ha letto Gomorra e come me odia -pur conoscendolo a memoria- Sex & The City (ma attenzione: sta arrivando una valanga mediatica a favore di simpaticissime shopaholic) ricorda la storia del sarto napoletano, Pasquale, riconosciuto come maestro di sartoria all’interno del sistema di produzione illegale delle griffe, che vede in tv Angelina Jolie agli Oscar, riconosce una sua creazione e si commuove.

bene.
io ho un sogno: che le star di hollywood, con i loro bei vestiti e o i loro stilisti scintillanti e frociaroli, guardando il film si vergognino di indossare un abito pagato migliaia di dollari e prodotto nel nostro sud per meno di 25€ a pezzo e qualche morto in più, che tanto a loro non gli cambia mica la vita.

sogno che la più influente di queste star inizi un boicottaggio sistematico delle griffe, che i fatturati crollino e che il loro made in italy, fatto di sfruttamento e materiali scadenti e sovraprezzi scandalosi se ne vada in fumo, insieme al loro bel mondo dorato e finto. e che la loro valanga di fallimento si trascini dietro l’ipocrisia di chi si è costruito un impero sulle conoscenze, sugli agganci, sulla pretesa di aristocrazia, sul niente che è la loro pochezza.
sogno che se ne vadano tutti a dubay in esilio perenne, che si chiudano in gabbie d’oro ai caraibi, che milano torni ad essere una città sana di mente e che le modelle ritornino ad essere delle donne.
e sogno che tutto il male che hanno fatto a questo paese lasci finalmente il posto a chi crede che il proprio lavoro, fatto con correttezza e senso del dovere, possa aiutarlo a costruirsi un futuro.

La seduzione ha a che fare con la sintesi




Eros non è solo poesia. O meglio: si, certo è poesia nella sua forma più intima. Il che significa che è per lo più un tormento. E che sia piacere per il corpo e necessità di discesa nella propria anima è la cifra della sua necessità. Come l’ossigeno, Eros ci tiene in vita. Come una condanna, Eros ci priva del fiato e ci costringe a non poterne fare a meno.
Il libro di Elena è un caso perché, nell’epoca dei romanzi e dei pacchetti commerciali, la sua autrice (preparata, brava, brillante e spiritosa blogger) sceglie un genere poco adatto al mercato, ma ben confacente al suo argomento.
Una prosa poetica per scandagliare il tormento di Eros, che è estasi e insieme deviazione.
Nelle righe di questo libro, da leggere e rileggere come un piccolo imperdibile gioiello, ci sono tutto lo humor e la sensibilità di una donna con una grande umanità e un lungo percorso di formazione personale, sentimentale e sessuale, che affronta le sue fragilità e grida le sue fantasie, con penna lieve e piglio malizioso.
Scrivere un libro erotico, ma erotico davvero (non pruriginoso!) non è da tutti. Ma a Elena viene così naturale… Che volete? A ciascuno il suo dono!

‘L’inferno di Eros’ è una rivincita di libertà, un inno al femminino istinto di seduzione.
Elena dimostra che in un mondo che legge per accumulo e si riempie di parole, si può fare letteratura con la sintesi. E quando le parole sono quelle giuste, non c’è bisogno di scriverne altre, perché a rovinare la poesia si fa davvero troppo presto:
‘Mi piacerebbe poter scrivere / Un giorno/ Qualcosa tipo / “Il Paradiso di Eros”. / Ma ho dati insufficienti, / E tutto ciò che mi resta / È di darvi commiato. / Sottovoce. / Razza di arrapati che non siete altro.’

Quanto è reale il virtuale?

Quando stavo facendo casa, ripensavo spesso a uno sketch di Luciana Littizzetto in cui lei diceva che le parole-chiave che separano un progetto di vita (la casa, appunto) dal dissesto finanziario (indebitamento esponenziale) erano quattro: ‘già che ci sono’.
Ovvero: quando si fa o si ristruttura casa, bisogna non farsi prendere la mano o si rischia di spendere tantissimo per poi chiedersi ‘ma come ho fatto??’.
Ecco: io facevo casa e pensavo a Luciana. E sono riuscita, tutto sommato, a uscirne illesa finanziariamente. Potenza della risata che, quando ti entra dentro la testa, fa scattare dei campanelli efficaci che diventano verità tutte tue.

virtuality

Bene. Quando parlo di virtuale, invece, le parole magiche sono ‘tranne che’.
Provate!
Chiedete a qualcuno, ad esempio, se guarda la televisione. Vi dirà di no tranne che quel programma e quell’altro e quell’altro ancora.
Oppure se è dipendente dai social network. No,
tranne che xxxx perché c’è dentro qualcuno o perché non lo conosce nessuno.
Oppure se è dipendente dal telefonino. Ancora sarà no,
tranne che per mandare gli sms o chiamare qualche parente con un’offerta vantaggiosissima.
Insomma: quando si ha a che fare col virtuale, è un attimo convincersi che il nostro grado di immersione nel mondo del non-reale è comunque relativo, circoscritto, una parentesi.
E invece no. Il virtuale permea le nostre vite. Lo fa attraverso mezzi più innocui e riconosciuti (come la tv) e anche attraverso nuove tecnologie, magari più grintose e accattivanti. Nel grande mercato globale,
ogni target ha un prodotto, reale e virtuale. Il mercato non conosce nessun tranne che.

Ora, dato che la nostra vita è in gran parte virtuale, dovremmo cominciare a considerare il peso dell’etere, nelle nostre scelte e nella nostra condotta.
Troppo spesso la presenza di uno schermo ci fa sentire protetti e, così, ci lasciamo andare a cadute libere pensando che la rete ci possa salvare dai tonfi reali e da quelli morali.
Qualche giorno fa è capitato che una signora, in Giappone, ha scoperto sulla propria pelle cosa significa pagare per la propria condotta virtuale. La sua è una storia che merita di essere raccontata.Ha conosciuto un uomo, in un gioco di simulazione. Si sono confidati e innamorati e hanno coltivato una storia in rete. Il gioco permetteva la simulazione di molte situazioni, dalla vita mondana al sesso. I due avatar (ovvero, i loro alter-ego virtuali) si sono sposati. Poi, lui si è stufato e, utilizzando una funzione del gioco… ha divorziato.
La signora, impazzita dal dolore e dalla rabbia, ha
ucciso l’avatar del compagno. Virtualmente, s’intende: ha solo cancellato il codice del suo personaggio dal programma. Ma lui ha sporto denuncia per omicidio virtuale.Risultato: la signora ad oggi rischia fino a cinque anni di galera e quasi 400mila dollari di multa.
La legge giapponese, infatti, considera molto gravemente i crimini di hackeraggio (ossia di pirateria virtuale). Personalmente, provo molta compassione (nel senso di
com-patire, ossia di essere vicina) per la signora, che si è lasciata così coinvolgere da una relazione inconsistente, da perdere la testa e, immagino, soffrire terribilmente.
Per chi ammette, senza vergogna, quanto peso abbia la virtualità nella sua esistenza, è difficile non capire che le emozioni sono spesso reali e sincere e che le conseguenze emotive sono pagate in toto; anche se ci si salva da quelle concrete o perfino legali.
Non so cosa pesi di più per la signora, se l’incoscienza di aver commesso un reato per pura ingenuità e ignoranza, pensando solo di giocare o di fare un atto completamente virtuale e privo di conseguenze. Oppure se le bruci dover scontare ancora per un amore che per lei era reale e per l’altro era solo qualche riga in più di codice.

E, prima di giudicare, chi è senza peccato… invii il primo sms!

rumori fuori scena

donneSL

Questa settimana, l’ufficio italiano del Parlamento Europeo ha organizzato un seminario per giornaliste alla sede di Strasburgo, in occasione della seduta plenaria di ottobre. Tra le invitate c’ero anch’io che avevo bisogno di alcune interviste per farmi un quadro sulla diffusione dell’AIDS in Italia. Così, l’ho chiesto a Vittorio Agnoletto, che prima di fare un sacco di cose, ha fondato la LILA – Lega per la Lotta Italiana all’AIDS.
Di AIDS non si parla più da molto tempo, la percezione del rischio è basso, le terapie attualmente disponibili allungano la vita con un’aspettativa che può raggiungere i 30 anni.
Risultato: in Italia si stimano tra i 140mila e i 170mila contagiati dal virus, di cui solo una parte consapevoli. Una grande percentuale di questi sono donne, le cosiddette late presenters, che arrivano in ospedale quando la malattia è già in uno stadio avanzato, senza aver mai avuto sospetti. Il problema non è da poco: si parla di una stima che sfiora i 50mila casi.
Sono donne eterosessuali, con una situazione sentimentale stabile, apparentemente sicura, che hanno una bassissima o nulla percezione del rischio.

Ma non è di questo che voglio parlare.
A Strasburgo siamo andate in 15 giornaliste, tutte donne, tutte in gamba, con un percorso di crescita personale e professionale da outsiders. Che a casa mia fa il pari con cazzute o anche, per drla in altre parole… con due palle così! Il programma comprendeva circa 3 giorni di seminario, compresi gli spostamenti. Dunque abbiamo trascorso all’incirca 62 ore insieme. Da questa vanno sottratte le ore di sonno e di ritiro nelle camere, cioè circa 18. Da queste vanno sottratte le ore dei confronti con gli europarlamentari, cioè circa 8.
Dunque, sintetizzando:
62 ore totali
– 18 ore di riposo
– 8 ore di lavoro
= 36 ore in cui (ve lo assicuro!) non c’è stato un solo attimo di silenzio!

Ora …36 ore di chiacchiere sono tantissime!
Qualche tempo fa, la rivista Science ha pubblicato una ricerca condotta dall’Università del Texas che dimostra come la leggenda metropolitana che le donne parlano troppo è falsa. Nei fatti, le donne proferiscono 16.215 parole al giorno contro le 15.669 degli uomini: circa mille parole di differenza al giorno. Ma questo non è sufficiente per affermare che le donne siano più logorroiche degli uomini. E ancora: in Italia è stato pubblicato Il cervello delle donne, della neuropsichiatra americana Louann Brizendine, in cui si afferma le donne utilizzano 20mila parole al giorno, contro le 7mila degli uomini.
Insomma: chi ha ragione?
Le donne parlano tanto o parlano troppo?

…vorrei tanto avere altro tempo per rispondere a questo interessante interrogativo, ma ora devo rispondere a una videoconferenza su skype con un po’ di amiche e organizzare la nostra serata insieme.
E poi, fatemelo dire, quando si incontrano donne interessanti, vale la pena di confrontarsi. E se un uomo non sa reggere il ritmo della conversazione, fatti suoi!

un intero popolo che abbocca sempre a quello che gli viene raccontato è un popolo senza dignità

ci sono dei valori che, per me, sono da includere nella voce non negoziabili.
senza eccezione alcuna.
e quando leggo o sento cose come quelle di questi giorni devo dire che non solo mi scandalizzo, ma mi viene pure da vergognarmi e dare ragione a un amico che recentemente ha esordito con ‘le persone sono dei virus’.
non posso credere che qualcuno prenda sul serio, ad esempio, la facile liquidazione del protocollo cosiddetto 20-20-20 per gli obiettivi di risparmio energetico. che costi alle aziende, siamo d’accordo. ma quanto costa a noi?
già, nella vita di tutti i giorni, chi ha una coscienza verde osserva le piccole noncuranze e gli sprechi con una stretta al cuore. e se protesti per il rubinetto aperto o per i rifiuti ammassati, è un attimo sentirsi dire: ‘ma tanto io pago’.
come se fossero i soldi l’unico metro per tutto.
a brescia esiste l’inceneritore di cui tanto si è parlato in questi mesi perché farà da modello per altre realtà, come quella campana, dove i rifiuti sono una piaga sociale.
bene: da quando c’è l’inceneritore, non si fa più raccolta differenziata della plastica. perché la plastica è un combustibile eccezionale e brucia da dio.
ottimo, dicono in tanti. perché per loro l’equazione è: rifiuto bruciato, rifiuto eliminato.
e forse non ci penseranno nemmeno quando moriremo tutti di qualche cancro alle vie respiratorie, come già sta succedendo.
e non mi consola sapere che come morirò io, morirà anche lady beretta o tutti i gnutti del caso, con le loro belle villette e i loro parchi macchine nelle alti e verdi e ridenti valli.
non mi consola perché mi vergogno di appartenere alla loro stessa razza; anche se io non potrei mai essere il loro tipo, perché io sono umana.

ieri è apparsa la lettera di roberto saviano di cui si è tanto parlato. e, come al solito, la stampa dice tutta la stessa cosa, tranne qualche sporadica flebile voce fuori dal coro di papere. ma chi se ne frega se va fuori dal’italia o resta. chi se ne frega.
non è quello che c’è scritto. d’altronde, non centrare il punto ma distogliere l’attenzione è diventato l’allenamento quotidiano di una stampa impegnata, insieme alle istituzioni, a formare quotidianamente la coscienza dell’italiano medio dandogli come metro primario la quantificazione in denaro di qualunque cosa. saviano racconta la pena di un’esilio morale del suo paese e dice che per essere un eroe, in questo paese, bisogna essere morti, perché così non si dà più fastidio.
è il dolore, profondo, per chi fa scelte che non sono in linea con il valore primario che ci guida: i soldi. che controllano tutto, decidono tutto, pesano più di ogni altra cosa.
la moralità vale come una merda di cane.
l’etica non si sa più nemmeno cosa sia. è fuori mercato da un po’.
la compassione, nel senso di vicinanza all’altro, di solidarietà attiva, è il contentino dei poveracci.
in un momento in cui ci sono problemi sociali e allarmi su schiere di nuovi poveri, dobbiamo sentirci dire che le banche devono essere salvate.
da chi?
a prenderlo in culo fino a ieri per continuare a prenderlo in culo anche domani siamo tutti d’accordo. e i soldi, che non ci sono più da un giorno all’altro, sono davvero spariti? e le borse minori, quelle mediorientali, ad esempio, che in questi giorni crescono come mai prima d’ora, non sono forse ingrassate dagli stessi fondi che sono tolti a wall street, a pechino, a milano? non sarò un’esperta di finanza, certo. ma non sono un’idiota e non mi piace essere presa in giro.


e siccome ho un minimo di visibilità, cominciano ad arrivare anche le prime richieste di favori. con l’appunto che qui ci siamo tutti per darci una mano, favore per favore.
nei giorni scorsi mi è stata offerta una piccolissima possibilità che, attaccato al cartellino, aveva un piccolo ricatto. non si chiamava ricatto, certo. si chiamava favore. e chi si è offerto di ‘sostenermi’ mi ha anche detto che voleva presentarmi delle persone perché loro del partito (indovinate quale?!?) sono dappertutto.

ho detto di no perché non posso far finta che la direzione che scelgo per la mia vita non sia fatta di piccole decisioni giorno dopo giorno.
e, condividendo questa cosa con un amico, lui si rammaricava che le scelte morali siano non solo non capite, ma addirittura disprezzate.
si, è vero.
ma io combatto l’uomo medio, depresso, immerso nella merda del suo perenne presente, pieno di luoghi comuni, di qualunquismo, con un buco nero dentro che riempie di roba, come se le cose potessero colmare davvero un vuoto; senza il senso della rinuncia, senza il senso dell’umanità, senza ideali, senza aspettative, senza capacità decisionale, senza una bussola critica interiore, senza forza morale, senza il senso del suo passato, senza voglia di pensare al suo futuro, che baratta valori in cambio di soldi e, così, giorno dopo giorno, vende la sua anima.

vorrei riavere indietro la mia prima volta…

…solo per potermi permettere il KIT PER PERDERE LA VERGINITA’

il kit


a soli 15,00 $, infatti, questo delizioso kit offre tutto il necessario per affrontare con serenità e preparazione quasi ingegneristica tutte le tappe essenziali del primo rapporto completo:
– l’immancabile preservativo!!
– un manuale guida dettagliato e con illustrazioni
– una serie di annotazioni anatomiche, mappe e consigli
– le carte del Kamasutra, con i tre livelli: base, avanzato, Cirque du Soleil

…e, soprattutto, il diploma per aver copulato, con tanto di attestato ed, eventualmente, bacio accademico su richiesta!