un intero popolo che abbocca sempre a quello che gli viene raccontato è un popolo senza dignità

ci sono dei valori che, per me, sono da includere nella voce non negoziabili.
senza eccezione alcuna.
e quando leggo o sento cose come quelle di questi giorni devo dire che non solo mi scandalizzo, ma mi viene pure da vergognarmi e dare ragione a un amico che recentemente ha esordito con ‘le persone sono dei virus’.
non posso credere che qualcuno prenda sul serio, ad esempio, la facile liquidazione del protocollo cosiddetto 20-20-20 per gli obiettivi di risparmio energetico. che costi alle aziende, siamo d’accordo. ma quanto costa a noi?
già, nella vita di tutti i giorni, chi ha una coscienza verde osserva le piccole noncuranze e gli sprechi con una stretta al cuore. e se protesti per il rubinetto aperto o per i rifiuti ammassati, è un attimo sentirsi dire: ‘ma tanto io pago’.
come se fossero i soldi l’unico metro per tutto.
a brescia esiste l’inceneritore di cui tanto si è parlato in questi mesi perché farà da modello per altre realtà, come quella campana, dove i rifiuti sono una piaga sociale.
bene: da quando c’è l’inceneritore, non si fa più raccolta differenziata della plastica. perché la plastica è un combustibile eccezionale e brucia da dio.
ottimo, dicono in tanti. perché per loro l’equazione è: rifiuto bruciato, rifiuto eliminato.
e forse non ci penseranno nemmeno quando moriremo tutti di qualche cancro alle vie respiratorie, come già sta succedendo.
e non mi consola sapere che come morirò io, morirà anche lady beretta o tutti i gnutti del caso, con le loro belle villette e i loro parchi macchine nelle alti e verdi e ridenti valli.
non mi consola perché mi vergogno di appartenere alla loro stessa razza; anche se io non potrei mai essere il loro tipo, perché io sono umana.

ieri è apparsa la lettera di roberto saviano di cui si è tanto parlato. e, come al solito, la stampa dice tutta la stessa cosa, tranne qualche sporadica flebile voce fuori dal coro di papere. ma chi se ne frega se va fuori dal’italia o resta. chi se ne frega.
non è quello che c’è scritto. d’altronde, non centrare il punto ma distogliere l’attenzione è diventato l’allenamento quotidiano di una stampa impegnata, insieme alle istituzioni, a formare quotidianamente la coscienza dell’italiano medio dandogli come metro primario la quantificazione in denaro di qualunque cosa. saviano racconta la pena di un’esilio morale del suo paese e dice che per essere un eroe, in questo paese, bisogna essere morti, perché così non si dà più fastidio.
è il dolore, profondo, per chi fa scelte che non sono in linea con il valore primario che ci guida: i soldi. che controllano tutto, decidono tutto, pesano più di ogni altra cosa.
la moralità vale come una merda di cane.
l’etica non si sa più nemmeno cosa sia. è fuori mercato da un po’.
la compassione, nel senso di vicinanza all’altro, di solidarietà attiva, è il contentino dei poveracci.
in un momento in cui ci sono problemi sociali e allarmi su schiere di nuovi poveri, dobbiamo sentirci dire che le banche devono essere salvate.
da chi?
a prenderlo in culo fino a ieri per continuare a prenderlo in culo anche domani siamo tutti d’accordo. e i soldi, che non ci sono più da un giorno all’altro, sono davvero spariti? e le borse minori, quelle mediorientali, ad esempio, che in questi giorni crescono come mai prima d’ora, non sono forse ingrassate dagli stessi fondi che sono tolti a wall street, a pechino, a milano? non sarò un’esperta di finanza, certo. ma non sono un’idiota e non mi piace essere presa in giro.


e siccome ho un minimo di visibilità, cominciano ad arrivare anche le prime richieste di favori. con l’appunto che qui ci siamo tutti per darci una mano, favore per favore.
nei giorni scorsi mi è stata offerta una piccolissima possibilità che, attaccato al cartellino, aveva un piccolo ricatto. non si chiamava ricatto, certo. si chiamava favore. e chi si è offerto di ‘sostenermi’ mi ha anche detto che voleva presentarmi delle persone perché loro del partito (indovinate quale?!?) sono dappertutto.

ho detto di no perché non posso far finta che la direzione che scelgo per la mia vita non sia fatta di piccole decisioni giorno dopo giorno.
e, condividendo questa cosa con un amico, lui si rammaricava che le scelte morali siano non solo non capite, ma addirittura disprezzate.
si, è vero.
ma io combatto l’uomo medio, depresso, immerso nella merda del suo perenne presente, pieno di luoghi comuni, di qualunquismo, con un buco nero dentro che riempie di roba, come se le cose potessero colmare davvero un vuoto; senza il senso della rinuncia, senza il senso dell’umanità, senza ideali, senza aspettative, senza capacità decisionale, senza una bussola critica interiore, senza forza morale, senza il senso del suo passato, senza voglia di pensare al suo futuro, che baratta valori in cambio di soldi e, così, giorno dopo giorno, vende la sua anima.