go with the flow

mesi fa ho conosciuto un uomo. siccome gli interessavo, ha iniziato quasi immediatamente a corteggiarmi. lo ha fatto a modo suo: riempiendomi di domande.
per me che parlo un sacco, davvero troppo, e di me non dico quasi nulla, la cosa era al limite del fastidioso. erano domande intelligenti, erano il suo modo per interessarsi a me, era un’attenzione non sgradevole. ma le domande erano troppe.
allora, al solo secondo giorno e centoduesima domanda, gli ho detto che le domande erano troppe. lui mi ha risposto:
– io sono un occidentale, ragiono per categorie. per conoscerti, mi occorre farti domande. altrimenti, se preferisci, mi trasformo in un accidenti di muso giallo. ma non posso farlo, mi dispiace. io sono così.
ho pensato spesso alla sua risposta e devo dire che proprio quello che mi ha detto ha permesso che cominciasse a ricevere risposte vere e sincere da me alle sue domande. che non sono mai terminate, neanche in seguito, nemmeno ad oggi!

in questi giorni succede che amici non mi rispondono più al telefono. i nostri rapporti sono stati bruscamente interrotti da loro. è successo altre volte e so che queste cose vanno così: conosci qualcuno, è subito interesse reciproco, poi si è molto amici per un po’, poi non si ha più tempo, poi uno dei due taglia definitivo. ultimamente, in più di un’occasione, quella tagliata sono io. e ci sto soffrendo molto. razionalmente, ragionevolmente, ma ci soffro molto.
non sono innocente e so che altre volte sono stata io quella a tagliare definitivo senza spiegazioni e senza diritto d’appello o di replica.

 

allora, stasera stavo seduta nella poltrona al concerto di giovanni allevi . non stavo molto comoda e l’audio era pessimo. pensavo che la mia sofferenza è stupida e immotivata.
pensavo anche che è un problema di categorie. ovvero: il mio essere cristiana, tirata su con valori e modi di pensare cattolici, mi ha portato a ragionare per un rapporto di peccato|colpa o anche di merito|premio.
è il libero arbitrio la mia condanna.
in ogni cosa, non so vedere un destino puro e semplice, senza implicazioni volontarie. che è come dire che l’amore e l’odio sono un merito o un castigo per qualcosa che si fa, non per qualcuno che si è.
e allora mi domando anche se molta parte della mia insoddisfazione rispetto alle relazioni e ai rapporti non derivi da questo modo di pensare le cose. ovvero: che mi pare che gli amici che non rispondono al telefono lo fanno perché io ho fatto qualcosa che li ha portati ad allontanarsi; oppure che qualcuno mi detesta o mi ama perché io sono meritevole per quello che faccio di essere amata o detestata; in altre occasioni, che io mi sono innamorata perché l’altra persona se lo meritava e, viceversa, mi sono allontanata perché c’è stata un’azione o un atteggiamento o un insieme di questi che mi ha fatto allontanare.

invece, se sono onesta, faccio presto ad ammettere che le cose sono più semplici.
si ama e si odia senza un vero motivo, senza ragione. quasi sempre, una persona ci sta antipatica a pelle. la cosa è facilmente verificabile con gli attori: persone che probabilmente non incontreremo mai dal vivo ma per cui stiliamo classifiche lucide e precise di gradimento o di antipatia.
e così come i sentimenti iniziano, finiscono anche. ci si sveglia un giorno e si è smesso di amare. e finisce lì. magari ci si appiglia ai gesti per cercare una ragione da dare all’altro per non dirgli solo: non ti amo più, non ti voglio più.
perché anche lui, che ragiona a schemi, vuole avere un motivo per spiegare che una mattina, senza una vera ragione, gli si è spezzato il cuore nel petto.