un’apparizione sulla TV nazionale fa molto di più di cinquanta presentazioni di successo. per chi avesse dei dubbi, ora può tranquillamente zittirli.
la TV, come ogni media unilaterale, ha il potere si raggiungere chiunque. e quando dico chiunque, intendo proprio tutti. anche quelli che di cui ignori l’esistenza e che, però, improvvisamente hanno voglia di entrare in contatto con te.
niente di male, anzi.
per fortuna, devo dire che le persone galanti e cortesi sono state molte di più degli idioti. questa è stata una sorpresa, visto che ho parlato di giocattoli sessuali e poco altro.
ma di altro volevo parlare.
una domanda mi viene spesso fatta e che, più o meno, suona così: «ma a parlare sempre di sesso non ti stufi?»
e alle volte si presenta nella variante ipocrita e falsamente pietista del: «poverina, a parlarne sempre non lo farai mai».
se mi gira storta, abbozzo e faccio finta di niente.
se voglio confutare, di solito, utilizzo l’esempio del cibo. dico che l’Italia è una nazione ossessionata dal cibo e dalla cucina: libri, trasmissioni, radio, canali dedicati, riviste. le conversazioni degli italiani sono ipocaloriche e unte di burro. non per questo siamo un paese di grissini. a dire il vero, nemmeno un paese di grandi obesi. direi che il fatto di parlare osessivamente di cibo influisce solo parzialmente sui nostri costumi e sulle nostre abitudini alimentari.
e questo, se uno ci pensa, vale un po’ per tutto.
oggi piove.
spulciando nell’armadio, ho ritrovato le mie vecchie scarpe di sala da tango che avevo fatto risuolare per usarle anche nella vita vera, visto che non ballavo praticamente più.
nell’infilarle, a scapito del tempo assolutamente inadatto, mi è tornata in mente la lezione del mio maestro di tango, che ho voglia di raccontarvi. e poi fatevene quello che vi pare.
quando sono entrata in sala, come tutti, la mia domanda era: come si fa.
volevo i dettagli tecnici: dove vanno le mani, quali sono i passi, come si conduce, come si gestisce il peso, quali sono i dettagli delle figure.
eravamo tutti così, tecnicamente frenetici e formalmente ansiogeni.
il maestro ci ha dato la risposta che volevamo. da manuale:
fronte all’altro, la mano destra di chi guida sulla scapola sinistra di
chi segue, la mano sinistra di chi guida contiene la mano destra di chi
segue. La mano sinistra di chi segue si poggia sul bicipite destro o
sulla scapola destra di chi guida. I gomiti di entrambi sono rivolti
verso il basso. Valgono le stesse regole di postura viste per gli
esercizi svolti finora: testa alta, schiena dritta, gambe rilassate,
piedi uniti.
poi, quando eravamo pronti, ci ha fatto fermare.
« per ballare il tango basta una mano » ha detto, indicando la presa che ciascuno dei due ballerini ha dietro la schiena del compagno, all’altezza della scapola.
« questa presa è quella che vi tiene uniti, che vi dà sicurezza. il significato profondo del tango non sta in una tecnica perfetta, ma in una profonda fiducia. il senso di questa presa è semplice come la passione: siccome mi fido di te, lascio che tu mi tocchi il cuore. ricordatevelo sempre ».
la lezione del tango me la ricordano le mie scarpe, quando la testa rischia di dimenticarsi che esiste sempre almeno una seconda risposta ad ogni domanda; a volte più semplice, ma non per questo meno impegnativa.