la suggestione della voce VS il potere delle parole

oggi è morto claudio capone. tutti sanno chi è, anche se la sua faccia la si vede per la prima volta oggi, sui giornali. tutti sanno chi è perché è sempre stato in televisione. però non lo si vedeva mai: capone faceva il doppiatore. era uno bravissimo. di quelli proprio bravi, che lavorano tanto perché hanno il dono di una voce unica.
era uno dei miei preferiti perché mi faceva ridere. siccome doppiava sia Ridge di Beautiful sia i documentari di Superquark, io mi scambiavo le voci in testa e immaginavo che Ridge diceva:
‘sai Brooke, non è possibile che tu te ne voglia andare perché i lupi d’inverno migrano alla ricerca di cibo verso pianure più verdi…’ e via così.
e immaginavo che quando c’erano le otarie in amore, una dicesse all’altra:
‘come hai potuto farlo? lui era mio fratello!’ eccetera eccetera.

la voce di capone mi rimarrà sempre impressa. il timbro di una voce è capace di suscitare emozioni e ricordi involontari, con un’irruenza minore degli odori, ma comunque sempre con forza. sin da bambina, ci sono voci che ricordo e che ascolto per puro piacere di ascoltare ‘quel’ timbro di voce. mi succede con marco baldini (radio2), con giuseppe cruciani (radio24), con alessio bertallot (radio ddejay), sicuramente per me le voci più belle della radio italiana. così come mi piace ancora ascoltare francesco renga, al di là del genere musicale che ha scelto.

un giorno che avevo dodici anni o giù di lì, è successa una cosa: il mio babbo, che è un’omone di unmetroenovanta, l’ho visto commuoversi in silenzio al concerto di roberto vecchioni, perché quella voce era parte di lui e la sua vita gli era improvvisamente saltata sulle spalle, a tradimento.
al momento non potevo capire perché la mia vita pesava poco, stava solo nel presente, e nessuna voce era in grado di sostituire le uniche due che contavano. ma crescendo ho capito perché.
perché piangeva quella sera.
perché sta in silenzio quando ascolta mina e ornella vanoni …e sembra innamorato.

per il vecchio vizio di riflettere su forma e contenuto, mi sono trovata a chiedermi se hanno più potere le parole o la voce.
in questi giorni, ad esempio, il decreto ‘salva premier’ si è trasformato subito in ‘blocca processi’. certo, sono vere tutt’e due le definizioni. ma la prima era più esatta perché raccontava la ragione della fretta nell’approvazione e la rabbia del capo del governo. il quale, infatti, ha intimato e ottenuto subito dalla stampa il cambio di nome. sissignore, signorsì!

per me, invece, il ‘salva premier’ è e rimane l’azzeratore dei reati di stupro, aggressione e lesioni, così potrebbe benissimo essere chiamato ‘il resettatore’. lo propongo come nome a tutte le frange denigratorie di beppe grillo.

quanto alla mia riflessione, pensavo che le parole hanno peso nel presente e riescono ad avere un’esistenza propria che cambia il corso delle cose. ma solo il loro legarsi a una voce le rende davvero portatrici di un altro significato, più emozionale, che può essere di repulsione o di accettazione incondizionata. è un bene che certe voci non riescano ad ipnotizzarci.
ma se un uomo potente riuscisse anche ad avere una voce efficace, con i nostri mezzi di comunicazione sarebbe la rivoluzione.