Posts tagged sesso

i diritti delle bambine

Ieri il Giornale di Brescia ha dedicato ben due pagine alla mozione votata in sessione straordinaria dal consiglio comunale di Verona, cogliendo l’occasione per un report sulla situazione bresciana. L’aver taciuto la finalità dell’operazione (dirottare risorse pubbliche), aver sorvolato su chi l’ha condotta (il condottiero leghista sull’omofobia) e qualche dato decontestualizzato (i numeri sulla RU), mi hanno spinta a scrivere ieri una lunga lettera al Direttore.
Scusatemi l’eccesso di passione. Read More

mr. lover lover

Lo incontri e gridi: epifania!
 È lui, lʼuomo che nei tuoi più sfrenati e orgiastici desideri primaverili hai sperato di incrociare, quando gli ormoni si risvegliano e le gonne si accorciano.
 Mr. Lover Lover potrebbe tranquillamente Read More

E poi tutto brucia | Don Giovanni secondo Graham Vick

questo post lo trovate anche sul blog del Corriere.it
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C’è un palazzo con una donna che grida – poi arriva il suo papà ma viene ucciso – e poi lui diventa una statua e don giovanni lo invita a cena – ma però lui non mangia (è una statua!) e invece lo porta all’inferno perché lui si comporta male con le donne – E tutto brucia.

Questo è come mio figlio (3 anni e mezzo) ha cercato di spiegare Don Giovanni in 30″ a sua nonna dopo che ieri ho passato la giornata a raccontargli cosa sarei andata a vedere oggi al Teatro Grande.
Mia figlia (5 anni), invece, prima si è spaventata per il convitato di pietra, poi ci ha pensato un po’ su e mi ha chiesto:
– Mamma, ma esattamente: cosa fa di così grave Don Giovanni da essere ucciso? A me non sembra così cattivo.

Ecco, il punto sta proprio qui: come la spieghi oggi “la colpa morale”? Nella storia del seduttore, che fa macchietta e spalluccia con il fido Leporello, cosa troviamo di così riprovevole?
Perfino io ho fatto fatica a spiegare ai miei figli concetti come onore, rispetto, cura. E ancora più fatica ho fatto a dare un peso reale al discredito, al menefreghismo, al disprezzo.
Perché quando i miti e le fiabe parlano di pericolo i mostri li riconosci subito; quando invece parlano di etica (cioè di come agiamo nella vita e nella società) e di morale (ossia le azioni che compiano orientandoci tra il nostro senso di bene e di male) ecco che le cose si fanno più confuse.
Don Giovanni non è un licantropo, uno stregone o un ciclope: è un uomo intelligente, colto, ricco e pure belloccio. Piace alle donne, che nell’opera di Mozart non gli resistono nemmeno il tempo di un’aria suadente. E quando spende i suoi soldi (e ne ha finché ne vuole) lo fa per divertirsi.
Dunque, cosa fa di così grave da dover essere ucciso? Qual è la colpa che espia da tre secoli di fronte a platee di tutto il mondo?

La festa a casa di Don Giovanni

I peccati capitali, si sa, non sono tutti uguali. Per me che sono laica la cosa è ancora più evidente: se qualche volta può capitare di vedere qualche pubblica condanna del profitto smisurato (variante lessicale dell’avarizia), dell’ira o dell’invidia, mai ho assistito a campagne pubbliche di contenimento della superbi, della gola o dell’accidia.
Al contrario, mi sento di dire che questo è proprio il secolo dei golosi – che cucinano e mangiano mentre guardano altre persone cucinare e mangiare alla tivù – e dei vanitosi, dei narcisisti, di quelli che alimentano la stima di sé col disprezzo degli altri.
E infatti nella regia di Graham Vick Don Giovanni non va all’inferno: si siede comodamente in platea; mentre quelli che lo accusano devono liberarsi velocemente dagli abiti che indossano perché la veste dei moralizzatori non gli si addice: nemmeno loro possono dirsi senza peccato.
Per Vick, Don Giovanni è uno di noi: l’elenco delle sue conquiste lo redige on line, realizza con lo smartphone foto e video, alle sue vittime toglie l’onore diffamandole su portali pubblici come Twoo (il nuovo Netlog), organizza festini con mailing list, realizza filmati privati che poi rivede sul suo computer.
Al centro della scena, c’è l’oggetto della colpa: il corpo delle donne. Read More

Se ti lascio ti cancello

Grazia mi commissionò non molto tempo fa una breve guida per le lettrici, da usare nel caso di fine di un grande amore ai tempi dei social network.
io l’ho scritta; voi fatene quello che volete. io ve lo dico, petò: prima o poi, può tornare utile.

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C’era una volta lo scatolone: era quello anonimo, che montavi con grande determinazione per infilarci la sua felpa preferita, le lettere che ti aveva scritto, i dischi che ascoltavate, i libri che ti aveva prestato e quelli regalati con dedica romantica, la sua coperta preferita, la sua tazza, perfino il suo spazzolino e il fondo del barattolo di nutella avanzato dopo la vostra ultima colazione insieme. La fine di una storia d’amore è una separazione in due tempi: prima dal partner, poi dalle cose in comune. Almeno per un po’, almeno finché il dolore non è stato metabolizzato e si è pronti per andare avanti e conservare solo bei ricordi. Questo fino all’avvento dei social network. La rete oggi non è solo il luogo dove molte coppie si incontrano (la stima è ormai di oltre una coppia su tre) ma è anche la piazza virtuale in cui l’amore viene reso pubblico. Il web gronda di spremute di cuore degli innamorati, che producono fiumi di romanticissime foto, di messaggi, video, canzoni, articoli, post, tweet poetici e feed mielosi che la rete conserva e propaga potenzialmente all’infinito. È Facebook il social network più romantico: pubblicare foto con “tag” (una sorta di didascalia che associa altre persone alla nostra foto) del partner, infatti, esprime complicità e vicinanza e contribuisce a farci sentire legati, come spiega lo psicologo Christopher Carpenter della Western Illinois University. E se oltre 23,2 milioni di italiani hanno un profilo Facebook e di questi quasi 16,5 milioni lo usano abitualmente (dati Duepuntozero Research dal rapporto 2013 “Italia 2.0”) è lecito chiederci: cosa succede nel virtuale quando nella vita reale l’amore finisce?

Scaricati da un’app. Gli psicologi Steve Whittaker e Corina Sas dell’University of California di Santa Cruz hanno coordinato un’indagine per capire cosa succede alla vita virtuale di una coppia che scoppia. Lo studio si intitola Design for Forgetting: Disposing of Digital Possessions after a Breakup (trad. Progettare la separazione Read More