la guerra degli uomini felici

grande sorpresa ieri pomeriggio. squilla il telefono e mi chiama andrea.
l’ultima volta che abbiamo avuto occasione di stare insieme è stato più di sei anni fa. lui stava chiudendo la sua vita e partiva per l’uruguay. in sudamerica ha fatto il volontario e poi ha incontrato una donna. poi è tornato qui, a casa dei suoi qualche mese. la sua donna, daniela, l’ha raggiunto. ha cercato di rimanere in italia, ma nessuno le dava lavoro.
per senso della decenza, non racconterò le umiliazioni che daniela ha dovuto subire dall’unica nazione che generalizza tutto il resto del mondo comprendendone le mille realtà e i miliardi di individui diversi con una sola parola "extracomunitari". è l’unica cosa che l’italia non ha avuto difficoltà ad acquisire dall’UE con entusiasmo.

ad ogni modo, in meno di quattro mesi daniela e andrea si sono sposati. poi sono tornati in uruguay, dove lei poteva lavorare con la sua laurea in psicologia evolutiva. il mio amico, quando ha rivoluzionato la sua vita, lo ha fatto con l’allegra incoscienza di chi sa che, comunque, se la cava sempre. e infatti è stato così.
poi ieri mi chiama e in meno di due ore ce ne stiamo seduti a chiacchierare sul mio divano. lui e daniela sono tornati. hanno avuto da poco una bimba, uno scricciolo di nome martina.
andrea mi racconta che essere padre non è diverso, sei uguale al giorno prima. solo che dormi di meno.
e quando dalle due alle cinque di notte la piccola gli si addormenta sulla pancia e babbo e bimba dormono insieme a sandwich è uno sballo impossibile da descrivere.
e siccome la famiglia è il suo obiettivo e il suo nuovo progetto avventuroso, mi dice che vorrebbe avere altri due figli, un altro suo e uno adottato. sempre con l’allegra incoscienza di chi sa che, comunque, se la cava. e infatti è molto felice e, diversamente da molte persone che conosco, non ha paura.
seduti sul mio divano, andrea mi dice:
– non avrei potuto fare a meno di fare quello che ho fatto. quando hai un sogno, devi stringerlo tra le mani, devi cercare di realizzarlo.

poi mi dice che molte persone che conosciamo e che frequentavamo sei anni fa avevano un ottimo potenziale, come e più di lui, e non sa perché non hanno cercato di realizzare i loro sogni.
io rispondo che la differenza sta proprio in questo: che molti hanno sogni che vorrebbero realizzare;
qualcuno di questi, non tutti, considera le proprie possibilità e pensa a "come" potrebbe realizzare il suo sogno;
qualcuno di questi, non tutti, tenta di realizzarlo;
qualcuno di questi, non tutti, ce la fa,
qualcuno di questi, pochissimi, ammettono che il sogno che avevano in testa non fa per loro e ripartono daccapo con un nuovo sogno e rimettono tutto in discussione.

ecco come va. sono pochissime le persone che non hanno paura così come sono pochissime le persone che sognano secondo le loro possibilità, che sognano concreto.
la maggior parte dice che ha un sogno e poi lascia che la vita li porti da un’altra parte, fingono di esserne sorpresi e poi, quando sono ben sicuri di essersi legati mani e piedi, ti guardano con gli occhioni e ti dicono:
– e come potrei realizzare il mio sogno? avrei potuto, ma adesso no.

io e il mio amico siamo simili perché crediamo che la vita si costruisca passo dopo passo e che vale la pena di essere sinceramente egoisti per essere onestamente felici.
poi io guardo andrea e gli dico che in realtà sul mio divano siamo due presuntuosi che giudichiamo le vite degli altri senza poterle vivere ma sulla base di considerazioni che facciamo da fuori, pesando i cambiamenti oggettivi e visibili della loro vita. ma tutti hanno diritto di costruirsi la propria esistenza secondo le decisioni che prende giorno per giorno e le cui vere ragioni sono oscure per chiunque, tranne per chi decide.
alla fine, andrea se ne va, qualche ora dopo.
sono contenta che sia tornato. montevideo è molto bella ma anche molto pericolosa. la situazione sociale è da guerriglia urbana.
e va bene che ci diciamo che possiamo cavarcela e fare tutto quello che abbiamo voglia di fare. io e il mio amico siamo due grandi egoisti. d’altra parte, la propria felicità è qualcosa che non può arrivare da fuori, da qualcuno o da qualcosa.
ed è la prima responsabilità che ognuno ha verso se stesso.