un giorno d’estate passeggiavamo in due su per gli appennini. era una giornata fresca. senza davvero deciderlo, abbiamo preso la strada dietro casa sua, risalito la radura, camminato a lungo nel bosco, in penombra, fino alle rovine di una rocca dove lui avrebbe dovuto tenere un concerto da lì a pochi giorni. come sempre facciamo quando abbiamo il tempo di incontrarci – e non semplicemente di vederci – parlavamo d’amore. è una delle cose che ci lega. riflettiamo l’uno nell’altra una visione piuttosto disincantata delle relazioni; allo stesso tempo, condividiamo la stessa dannazione: amare sempre e mai allo stesso modo. così, ci tocca ammettere che ci innamoriamo in continuazione, sempre di nuove persone. ogni volta, amiamo così tanto che ci crediamo; e diciamo che stavolta dura ed è per sempre. ed è così bello perché ogni amore che ci raccontiamo è nuovo e anche lo conosciamo già, perché poi ci innamoriamo sempre più o meno dello stesso tipo di persone. come succede a tutti, del resto. intanto, a casa custodiamo la relazione che dura da tutta la vita, quella del sempre e per sempre, e che liquidiamo come un’altra cosa.
mentre salivamo la dorsale, ormai in vista della rocca, qualcosa si è mosso tra le foglie. una biscia bastone, nera, lucidissima, lunga all’incirca un metro e mezzo, strisciava a terra verso di noi.
incurante, lui ha proseguito evitandola. io mi sono fermata, incantata. non avevo mai visto un serpente da vicino. la biscia, scodando, ha deviato la sua fuga, avvicinandosi e sfiorandomi un piede, prima di sparire dietro la dorsale su cui correva il sentiero.
un momento solo mi ha sfiorato, lasciandomi senza fiato.
[successe davvero. poi scrissi questo brevissimo racconto nel 2009. lo inserii in una raccolta mai pubblicata a cui diedi titolo “L’amore senza chiederlo”. ogni volta, lo ricordo come se stesse accadendo proprio ora]