La notte del 12 dicembre a Brescia, come in molte altre città d’Italia, è la notte di Santa Lucia. Tutti vanno a letto presto e dormono speranzosi e aspettano che le loro buone azioni siano ricompensate da regali inattesi e fantastici. Il 13 dicembre è il giorno della speranza che si concretizza. E qualche volta, come in questi ultimi anni di difficoltà economica e di sacrifici che si fanno sempre da chi meno potrebbe permetterseli, le aspettative restano con la bocca un po’ amara. Ma un regalo è sempre un regalo e Santa Lucia la si aspetta tutti.
Questo 13 dicembre, però, abbiamo trovato qualcosa di inatteso: qualcuno che ci ha definito un popolo malato, affetto da depressione collettiva. E noi, che si ha orgoglio nazionale da vendere, abbiamo alzato la testa e abbiamo detto che no, non è vero: noi non siamo depressi. Ma in fondo in fondo, con le tredicesime tagliate e i regali che prima si trasformano in regalini e poi si fanno pensierini e poi si limitano ai dolcetti, un po’ di tristezza e di depressione ce l’abbiamo eccome.
E nell’Italia disillusa che tira la fine del mese e continua a sperare che magari arrivi un’uragano a cambiare le cose, Brescia è una realtà non tanto piccola che racconta la realtà di un’Italia dove si è disimparato ad alzare la testa.
Chi abita Brescia raramente la conosce e troppo spesso se ne lamenta. Pare che ci siano moltissimi posti migliori di questo.
Ma Brescia è una bella città, che i suoi abitanti lasciano disabitata dopo le sette di sera. I bresciani lasciano i locali del centro deserti e sono una delle città più on-line d’Italia. Brescia non ha più cinema in centro, ma ha i centri commerciali e le multisale più avanzate del paese. I bresciani amano la città bella, ma non la vivono. I cittadini aspettano sempre che i servizi migliorino e, per questo, non protestano per i disagi alla viabilità che da sempre ci sono e sempre ci saranno, come se un’altra realtà non fosse possibile. I bresciani hanno il maggior numero di automobili pro-capite di tutta italia. I bresciani si lamentano che le iniziative culturali sono poche e mal promosse all’esterno della città. Brescia è una delle città con il maggior numero di iniziative culturali finanziate da enti e istituzioni sul territorio. Brescia è la provincia più estesa d’Italia, con caratteristiche uniche per territorio e paesaggio. Brescia è una delle città con il più alto tasso di immigrati. I Bresciani non hanno mai organizzato manifestazioni contro, non hanno mai eretto palizzate o creato ghetti, non hanno sfruttato ignobilmente lavoratori senza potere contrattuale: hanno lasciato il centro, le abitazioni, le attività commerciali, si sono organizzati per indirizzare la manodopera verso lavori specialistici che nessun bresciano voleva più fare, hanno tollerato e continuano a sperare che qualcuno gli dia una risposta e gli dica come si fa. Come si fa a convivere in una città dove è tanto tempo che si spera e in cui nessuno da mai una risposta a dei problemi veri. E però si danno un sacco di multe. L’ottimismo per le persone si fa con qualcosa di concreto. A Brescia, come in tante realtà dei quest’Italia in difficoltà, girano i soldi e però vanno sempre più decisamente da una parte sola. Dall’altra ci sono i cittadini, che non chiedono più risposte a chi non ascolta le domande.
E che a volte danno lezioni a tutt’Italia. Come quando c’è un bell’evento per cui vengono distribuiti coupon di ingressi gratuiti alla biglietteria del teatro. Apertura: h.16. Una ragazza arriva alle 14 e si mette in attesa. Poi arrivano altre persone. Poi altre. Si forma una coda e, come in tutte le code, nascono i malcontenti. La ragazza estrae un blocchetto di post-it e distribuisce a tutti quelli che arrivano un numero progressivo. Chi arriva riceve il suo numero e si mette in coda. Alle 16 apre il botteghino e due ragazzi si improvvisano servizio d’ordine e controllano che si entri correttamente. Quelli che vorrebbero fare i furbi e i prepotenti e i lei non sa chi sono io ci sono, come sempre. Ma tutto procede regolarmente e i biglietti vengono distribuiti a 800 persone in meno di mezzora, ordinatamente e senza troppi scontenti.
L’affollamento era previsto, come succede in altre occasioni, una per tutte la campagna abbonamenti alla Scala di Milano, con code dalla notte.
Il teatro poteva organizzare la prenotazione on-line o la distribuzione di biglietti per la fila.
Il comune poteva servire un servizio d’ordine di supporto.
Le persone potevano tentare di fregarsi l’una con l’altra invece di darsi delle regole.
Invece, si è scelta un’altra strada, quella dell’educazione e del rispetto.
Il piccolo episodio della biglietteria serva da lezione a chi governa senza coraggio, che quando il paese è scontento e depresso non serve andare in televisione a negare la realtà. Serve il coraggio di fare regole giuste, di suscitare malcontento nei furbetti, di scontentare qualcuno per accontentare chi è in difficoltà o chi aspetta da tanto tempo, serve dare per quanto si è ricevuto, serve prendersi il giusto senza pretendere e serve smettere di credere che Santa Lucia arriverà la mattina dopo: ha preso un’eurostar in avaria e nessuno sa quando riuscirà a raggiungere la sua destinazione.