la comunicazione? un banalissimo tumore

a volte ne parlo e spesso ci penso. che le parole sono un guaio.
lo scriveva pirandello che, siccome non può più replicare, io semplifico per lui:
se dico una cosa, gli do un senso.
e tu, che la ascolti, la recepisci col senso che ha per te.
così, non ci capiamo mai.

e quando si scrive è un problema anche più grande perché nella parola scritta non c’è espressione degli occhi, tono della voce, pausa.

ma c’è anche una cosa in più, che forse non c’entra con le parole. è che io ho un limite alle mie emozioni e gli do delle parole, insieme ai confini.
da qui a lì: allegra.
da lì a là: felice.
da là a laggiù: pensierosa.
da laggiù a là dietro: triste.
da là dietro a lì in fondo: pacata.

così, le parole si associano per me ai sentimenti in uno scarabeo che è solo mio. i dadi sono i miei, il tabellone è il mio, gli incroci sono i miei. gioco sempre e non vinco mai.
ma se io mi trovo nella zona "pensierosa" e qualcuno invece mi dice "triste", chi ha ragione e chi è in torto?
nessuno, non ci si gioca niente.
è che poi le cose non vanno e tocca giustificarsi. e a spiegarsi con le parole è ancora peggio di prima. e tutto ricomincia.
la comunicazione non esiste.
e insieme alla comunicazione, non esistono tutti i suoi figli: comprensione, condivisione, compatimento, educazione, sensibilizzazione, diffusione, informazione, trasmissione del pensiero.