umiliata e vilipesa

mi sono iscritta in palestra perché se faccio un po’ di sport, tengo botta. quando nuoto, mi vengono le idee per scrivere; quando corro mi pare che tutto diventi più semplice; quando tiro pugni mi sento più buona; quando mi stiracchio mi sento me stessa. ovvero: quasi sempre irrimediabilmente stanca.

ho sempre fatto sport e mi piace. ma siccome lavoro dalle 10 alle 14 ore al giorno tutti i giorni senza sede fissa non riesco a seguire corsi o a praticare con costanza. la palestra è un buon compromesso.
ho scelto una palestra fikissima perché è vicina a casa e, assurdo!, costa meno delle altre.
a brescia funziona così: tutti se la tirano e più di tutti se la tirano le palestre.
e siccome hanno fatto i loro conti, sanno che una persona va in palestra al max 10 mesi pieni, così ti vendono solo abbonamenti annuali e ci guadagnano.

allora, intrappolata dal cartello fitnessarolo, mi sono iscritta e, obbligata, ho acquistato tre incontri di personal training compresi nella tessera di iscrizione. mai avuto un personal in vita mia.
male non mi farà, penso.
in più -botta di culo!- il mio personal è uno fighissimo e simpa, che riesce ad avere sangue al cervello nonostante l’enorme massa di muscoli che si ritrova ovunque.

bene.
il mio personal-simpatia mi ha sottoposto alla pratica più umiliante che mi sia capitato di subire in tutti questi anni: il plicometro. ovvero: mi ha segnato a tacche il corpo e ha concluso che ho il 37% di massa grassa.
ecco: da ieri mi sento un’ignobile cicciona disgustosa. sto pensando di cominciare ad arrendermi, indossare maglie larghe e informi, magari in fantasie hawaiane e chiedere alla direzione se c’è un’area del centro un po’ discreta per ‘quelli come me’.
mi sono molto arrabiata quando mi ha comunicato che ho il 37% di massa grassa nel mio corpo. io non mi peso da anni e ho abolito l’assillo della bilancia, perché dopo che esci da un’adolescenza difficile non ne vuoi più sapere per la vita. e qualcuno dovrebbe ricordare ai vigoropatici che lo ‘stare bene’ non comprende numeri e percentuali.
e insomma: 37%.
tutta la tua dignità è capace di disintegrarsi per una sola percentuale. che tu sia una donna in gamba, simpatica, intelligente, professionalmente valida, umanamente ricca, non conta un cazzo! hai il 37% di massa grassa e questo fa di te una persona difettosa.
ieri mi è venuta voglia prima di smettere di andare in palestra e poi di ribaltare tutto.
e quando già mi sentivo più che mortificata, il mio trainer-perfezione mi ha detto la cagata che non avrei mai pensato si potesse dire, cioè: il tuo peso ideale è 47 kili.

non ho avuto scelta: ho fermato il tapis-roulant e gli ho detto ‘caro mio, a 47 kg ci sono arrivata. fino a 43 sono arrivata. so già cosa vuol dire per me pesare 47 kg. quello che tu definisci il mio peso ideale, era il peso di una ragazzina che si obbligava a non mangiare perché pensava che lì stesse il segreto per essere una persona migliore’.

capito?
47 kg!
porca troia! ma come si fa a dire a una persona una cosa del genere. come fai a ignorare che il mondo sia diverso. io ho una taglia 40-42, sto benissimo fisicamente, nel senso che le funzioni base del mio fisico ci sono tutte. a 47 kg non avevo più le mestruazioni e cominciavo a perdere i capelli. a 43 kg è meglio che non ve lo racconti come stavo.
soffrire di disturbi alimentari, per gli adolescenti, è quasi una moda, più meno come piercing e tatuaggi. ci passano quasi tutti e spesso sottivalutando il problema. in città sono stati aperti due nuovi centri dell’asl e già non bastano per accogliere tutte le richieste di ricovero.
ma se gli standard proposti dal fitness, con tanto di pretese scientifiche e numeri, sono questi, come possiamo pretendere di rimanerne immuni?
la palestra, invece di un luogo per il benessere, diventa il luogo deputato alla battaglia contro se stessi.
e tutto questo, fa parte di una battaglia ancora più grande, destinata ad essere persa in partenza: l’ansia della perfezione inumana, la paura della malattia, dell’età, dell’invecchiamento, della morte.
mi dispiace per chi ancora ci crede, nei suoi muscoli, intendo, misurati con il plicometro e valutati a peso, come con la carne. mi dispiace per chi ha raggiunto la sua forma perfetta. mi dispiace per chi si prende cura di se stesso odiandosi.

mi dispiace, ma la risposta sta da un’altra parte.