la nave che schiaccia

ieri doppio concerto in locale supppergiovane che ha tanti pregi che nulla hanno a che fare con l’acustica. e siccome il suono era schiacciato e non si respirava, mi sono seduta al tavolo con un po’ di veri supppergiovani per non svenire come una vecchia zia bolsa. al tavolo eravamo:

io, la zia cablata;
i suppergiovani a coppie in mega compagnia di quindici-sedici elementi;
una coppia di amici miei sui trenta impegnati in un tentativo di flirt.
io riposavo le suole e cercavo di far conversazione. ma i miei amici volevano limonare e i supppergiovani hanno estratto un mazzo di carte improvvisando un briscolone dell’una di notte. così mi sono arresa. e però ho fatto il punto su due cose. che a me fare il punto mi viene bene quando sono faccia a faccia con lo squallore e la tristezza.
la prima considerazione è stata che forse questi supppergiovani sono così avanti che ci hanno superato un bel po’ e hanno già cinquantanni anche se da fuori sembrano solo venti. ma se sono sincera, anche ai miei compagni di liceo mica gli piaceva la gnocca e se potevano scegliere, sceglievano quasi sempre il briscolone. e io sono come cenerentola e non voglio smettere di sperare e mi immagino che appena escono dal locale, broccolano via sms o cercano le tipe che hanno addocchiato su msn e cercano di sedurle così, con le parole dolci scritte dietro lo schermo.

la seconda considerazione, invece, è un po’ più complicata.
mi sento molto sottopressione. in generale, intendo. e io quando mi sento costretta do fuori di matto e mi rifiuto, come i muli. mi sento costretta a sapere sempre tutto. e questo mi fa ammattire. perché ho una vita così piena di impegni che ogni tanto mi prende lo sconforto di non avere un attimo per me. non ho quasi mai il tempo di leggere e non riesco a tenermi informata. cioè, non riesco a fare cose che mi piacciono nel modo in cui piacciono a me.
e mi sento rimproverata per questo.

perché sono circondata da gente che sa ogni cosa e quando te la dice poi ti guarda e ti indaga e gli si legge in faccia "ma dai" ma come fai a non saperlo??" e a me sembra una grandissima cazzata. mi pare che l’ansia di accumulare informazioni e di spenderle subito dopo sia dominante. mi pare anche che il massimo livello di sapienza a livello generale sia wikipedia. mi pare che sapere che "esiste" una cosa e conoscerne il nome sia confuso davvero con il "conoscere" quella cosa.
io sono contro wikipedia. e contro tutte le ansie che mi si vorrebbero buttare addosso faccio il mulo.
se non ho letto almeno un libro di un autore, letto come dico io con attenzione e continuità, non dirò mai che "conosco quell’autore". se sento che una cosa o un evento esiste, se non posso parteciparvi o se non riguarda la mia possibilità di viverlo davvero, per me quell’evento non è più importante della ruota della mia bicicletta che si è sgonfiata.
la globalizzazione e la velocità informatica sono due grandissime bufale.
io so che ho un tempo x per fare le cose e che le cose che non faccio per me non esistono o, comunque, non hanno importanza. non ho l’ansia di fare qualsiasi cosa perché sono cosciente che non ho il dono dell’ubiquità. e fruire di avvenimenti a distanza e tele-vedere non ha niente a che fare con la vita. e i rapporti virtuali dientano importanti se poi diventano concreti, altrimenti sono sempre di serie B.

pensavo tutto questo mentre sorseggiavo uno sheridan. non lo bevevo dai tempi del liceo, quando i miei compagni di classe giocavano a carte.
non lo bevevo da almeno dieci anni. e ieri mi sono ricordata perché: è come bersi un frullato di mou, ma molto molto molto più caramelloso.