sapevo che saremmo arrivati a una considerazione di quest’ordine: non bisogna giusicare i giochi dei piccoli di oggi. ken non è meglio delle winx così come le bambole di pezza non erano meglio di barbie.
il mio post raccontava la tristezza e la ridicola ironia del dover constatare che i miei giochi di bambini, che la mia icona di uomo-oggetto, è sparito in sordina dai negozi di giocattoli. e che le mie memorie, per un ragazzo di 22 anni, appertengono ormai a un passato così remoto che mi trasforma in una vecchia.
però poi il dibattito si è spostato sulla necessità di non giudicare i nuovi giocattoli.
io non sono saggia e non posso non farmi delle domande su questi giochi. le bambole sono tutte super -brandizzate. che non vuol dire più – come con la barbie – che si truccano e basta; bensì, che usano lancòme per il viso e dior per l’ombretto e clinique per coprire le imperfezioni sotto gli occhi.
magari il nesso che ci vedo io non è il nesso che vedono tutti. ma la mia cuginetta di sei anni che gioca con le bamboline hi-fashion non veste jeans che non siano firmati e non mangia perché se no le vengono le coscie larghe.
un gioco che non è stimolante impoverisce lo sviluppo di una persona.
quando io ero piccola, mia madre guardava male il mio appuntamento quotidiano con i cartoni animati. allora, non lo vedevo: io ero piccola. ma la quasi totalità delle protagoniste erano orfane e vivevano problemi e difficoltà completamente sole, senza genitori. magari non c’entra nulla con il fatto che siamo una generazione sfiduciata verso la creazione di una famiglia. però… chi se la sente di dire che le due cose non sono connesse nemmeno un po’?