sto lavorando a un testo di cui devo stare bene attenta a non avere paura altrimenti non riuscirò ad affrontarlo. lo sto prendendo alla larga, a dire il vero. e per farmelo amico gli porto dei doni. non sa, il mio testo, che qualcuno di questi omaggi troverà un suo spazio, più o meno fedele all’originale.
uno di questi regali l’ho rubato a Ingmar Bergman, precisamente al suo Scener ur ett äktenskap, in italiano: Scene da un matrimonio o anche Scene di vita coniugale, si può scegliere la versione che si preferisce. il film è del 1973. io lo vidi anni fa e ne rimasi estremamente intrigata.
ora che devo scrivere questo testo qui, che parla di amore [e quale testo non ne parla] sono andata a ricercarmi il film. poi ho cercato la sceneggiatura perché volevo rubarmene un pezzetto piccolo, quello dove lei, Marianne, incontra la signora Jacobi.
ho il difetto di credere che in rete ci sia tutto. per quello che cercavo io non è così. ma siccome l’ho preso per me, ora il testo lo metto in rete e ci sarà anche per qualcuno che un altro giorno ne avrà bisogno. o voglia.
*
M . Mi scusi signora Jacobi se l’ho fatta aspettare. Se non sbaglio, non si è trovata mai in situazioni simili. Mi esponga il suo problema, poi vedremo come trovare una soluzione.
J. Voglio divorziare.
M. Da quanto tempo è sposata?
J. Da più di venti anni.
M. Signora Jacobi, ha un’occupazione fuori casa?
J. No, sono quel che si dice una casalinga.
M. Per quale ragione è decisa a divorziare?
J. Perché non c’è amore nel mio matrimonio.
M. Dipende da lei?
J. Sì, da me.
M. Ma è sposata da più di vent’anni, no? E’ stato così sin dall’inizio?
J. Sin dal primo giorno.
M. Così ora che i figli se ne sono andati -se ho ben capito- vuole andarsene come hanno fatto loro.
J. Appunto. Oh, mio marito è molto bravo e anche tanto gentile. Non ho niente da rimproverargli. E’ stato un ottimo padre. Mai un litigio. Abbiamo un appartamento, una bella casetta in campagna per l’estate che ci ha lasciato mia suocera. Tutti e due appassionati di musica, siamo anche soci di una filarmonica e qualche volta suoniamo.
M. Non vi manca nulla.
J. Sì, lo so. Ma non c’è amore nel nostro matrimonio. Nemmeno l’ombra purtroppo.
M. Permette una domanda? Non c’è un altro uomo nella sua vita?
J. No, non c’è mai stato.
M. E suo marito?
J. Per quanto ne so, mi è sempre stato fedele.
M. E non le fa paura la solitudine?
J. Oh sì, certo. Ma preferisco la solitudine piuttosto che continuare in un matrimonio senza amore.
M. Ha detto a suo marito che ha intenzione di divorziare, signora Jacobi?
J. E’ naturale. Una prima volta quindici anni fa: gli dissi che non volevo più vivere con lui. Il nostro era un matrimonio veramente senza amore. Fu molto comprensivo. Mi pregò soltanto di aspettare finché i bambini fossero cresciuti. Ora sono diventati grandi, hanno lasciato casa. E io posso chiedere il mio divorzio.
M. Lui che dice, adesso?
J. Ogni tanto lui mi chiede che cos’è che è mancato nel nostro matrimonio da doverlo distruggere. Io ho cercato di spiegarglielo che la vita è impossibile in un’unione senza amore come la nostra. E lui mi ha chiesto: che cos’è mai questo amore? E io gli ho risposto che non lo so neanch’io, che non si può descrivere quello che non c’è perché non si è mai trovato.
M. Qual è stato il rapporto coi suoi figli? Di che natura, in prevalenza? Cos’era: sentimentale?
J. Per niente: non li ho mai amati. Ora lo so. Una volta credevo di amarli. Così si crede. Ho capito solo adesso di non averli mai amati. Ma penso di essere stata ugualmente per loro una buona madre. Ad ogni modo, ho fatto del mio meglio. Anche se non provavo per loro assolutamente nulla. So già quello che starà pensando di me.
M. E cioè?
J. Che la signora Jacobi è una donna viziata, egoista, senza alcun calore umano. Ha tutto quello che si può desiderare ma si ostina a pretendere qualcosa di molto confuso e vago che lei chiama amore. Eppure non le manca nulla: ha amicizie, buona compagnia, tranquillità, armonia.
M. Vero. Sì, pensavo proprio a qualcosa del genere.
J. Le voglio dire una cosa, avvocato. Mi sono fatta un’immagine di me che non corrisponde alla realtà in cui vivo.
M. Ho una domanda da farle. E’ una domanda personale. Non crede che l’amore si deve…
J. Voleva chiedermi qualcosa?
M. Niente, non lo so più.
J. In realtà, io ci ho provato: mi sono illusa di amare. Era come sperare di aprire una porta che rimaneva sbarrata. Purtroppo la vita che ho fatto fin qui ha consumato tutte le mie possibilità. Ma devo fare qualcosa. Il primo passo sarà chiedere il divorzio. Penso che mio marito e io ci stiamo distruggendo a vicenda.
M. Veramente terribile.
J. Proprio così. Veramente terribile. le cose più strane mi stanno capitando. I miei sensi, intendo il senso dell’udito, della vista e del tatto cominciano a tradirmi. Sì, per esempio: so che questo tavolo è un tavolo, lo posso vedere e toccare. Ma è una sensazione limitata, stanca. Capisce quello che voglio dire?
M. Sì, ho capito.
J. Lo stesso vale per tutto il resto: la musica, gli odori, i volti e le voci della gente. Tutto mi appare più povero, più grigio, senza nessun valore.